Mattarella porta il caso Rizzetto al Csm

Il Presidente della Repubblica chiede al Consiglio superiore della Magistratura di intervenire nel caso del ragazzo di appena 23 anni ucciso dalla guida pericolosa dell'auto con a bordo due amanti e per cui i soccorsi sono arrivati solo un'ora e mezza dopo l'incidente
Sergio Mattarella e Marco Rizzetto
Sergio Mattarella e Marco Rizzetto

PORTOGRUARO. Continua la battaglia di papà Giorgio Rizzetto per ottenere giustizia per il figlio Marco, morto a soli 23 anni in un terribile incidente d’auto. Rizzetto, assistito dallo Studio 3A, ha scritto al Capo dello Stato Sergio Mattarella dopo l'archiviazione del procedimento di omissione di soccorso a carico dell'altro occupante dell'auto che ha travolto Marco, in quanto il dispositivo del giudice sarebbe pieno di errori sostanziali.

Il presidente Mattarella ha risposto a papà Giorgio spiegandogli di non avere competenza in materia ma di aver girato la valutazione dei fatti riportati al Consiglio Superiore della Magistratura. «Desidero esprimerle la più sincera, umana vicinanza per il suo dolore», ha scritto il Presidente della Repubblica a Giorgio Rizzetto, «Pur comprendendo il suo stato d’animo, devo purtroppo comunicarle che, in base al dettato costituzionale, il Capo dello Stato non è titolare di iniziativa o di intervento sulla vicenda da lei lamentata. Non di meno, le questioni rappresentate sono state sottoposte alla valutazione del Csm, sede propria per le determinazioni sulla condotta dei magistrati».

Marco Rizzetto è morto la sera del 2 maggio 2014 in seguito all’incidente accaduto nella zona industriale East Park a Fossalta, travolto dall’auto guidata da Rosanna Tabino con seduto accanto Daniele Colautto. I due all'epoca avevano una tresca amorosa sconosciuta ai rispettivi compagni. Dopo l'incidente Colautto, politico in un Comune friulano, si è subito allontanato dal luogo dello scontro. Recentemente il tribunale di Pordenone ha archiviato il procedimento per omissione di soccorso a carico del Colautto in quanto il reato non sussisterebbe in ragione della morte sul colpo del ragazzo. Su tale circostanza però non c’è alcuna certezza ed è il punto sul quale papà Giorgio si batte: nessuno ha verificato le condizioni di suo figlio fino a quanto, finalmente allertato il pronto soccorso, un’ora e mezza dopo l’incidente è arrivata l’ambulanza che ha constatato la morte. Inoltre nella sentenza di archiviazione vi sarebbero incongruenze negli orari di arrivo dei soccorsi. Sul corpo di Marco, inoltre, non è mai stata eseguita l’autopsia.

Nelle prossime settimane si svolgerà il procedimento per omissione di soccorso a carico della dottoressa Scibetta, medico di base e amica della Tabino giunta sul posto per prima dopo l’incidente. La dottoressa non si è avvicinata all’auto di Marco ma si è limitata a chiamare gli occupanti dell’auto da lontano senza ottenere risposta.

«Se fosse stato soccorso prima si sarebbe potuto salvare? Quanto ha agonizzato, solo come un cane, nell'abitacolo dell’auto?», questo l’atroce dubbio di papà Giorgio, «Trovo a maggior ragione assurdo il fatto che lo stesso giudice che ha archiviato il procedimento nei confronti del Colautto, nella sua ordinanza, abbia scambiato gli orari di arrivo delle ambulanze con quello della Scibetta, come se fosse un medico del 118. A mio avviso il comportamento della dottoressa è stato ancora più colpevole perché, come medico, ha fatto anche un giuramento, dovrebbe rispondere a delle regole professionali e deontologiche precise, oltre che alla propria coscienza, e invece ha abbandonato anche lei Marco. Ma purtroppo in tutta questa terribile vicenda le parole coscienza, assunzione di responsabilità e giustizia sembra se la siano dimenticate tutti, compresi i giudici».

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