Matrimonio gay: «Non dovete avere paura»
VENEZIA. «Aspettavamo questo giorno da una vita: abbiamo voluto rendere pubblico questo nostro privatissimo momento, per spingere i più giovani a non aver paura e vivere la loro vita liberamente».
Vincenzo Patanè e Giacomo Caruso si sono giurati “Sì, lo voglio” ieri a palazzo Cavalli, in una delle primissime unioni civili tra coppie omosessuali in città: polo viola per Vincenzo, un papillon rosso fuoco per Giacomo. Una cerimonia veloce, molto sobria, davanti all’ufficiale giudiziario, due amici come testimoni, salutata con allegria da un gruppo di ex studenti, con il più tradizionale lancio del riso.
Vincenzo e Giacomo sono due professori del Liceo artistico di Venezia: l’uno insegna Storia dell’arte, è critico cinematografico e scrittore con una passione per Lord Byron; l’altro insegna inglese ed è anche lui giornalista. Stanno insieme da ben 36 anni, da trenta convivono e dal 2000 lavorano anche nella stessa scuola: «Non ci siamo mai nascosti, a scuola i ragazzi sanno benissimo che i loro professori stanno insieme e ci hanno sempre accolto. A Venezia non abbiamo mai avuto problemi a vivere la nostra storia di coppia», racconta Vincenzo Patanè, «ma in molte parti d’Italia non è così e molti ragazzi e ragazze più giovani possono avere paura ad esporsi, a vivere serenamente la loro omosessualità. Vogliamo dire loro si stare sereni. Ora, finalmente, il governo italiano ha fatto quella legge che gran parte della società civile era pronta ad accogliere e che ci permette di coronare, sì, romanticamente, un progetto di vita insieme, ma anche di avere garanzie pratiche che prima erano negate, dalla pensione di reversibilità all’assistenza in caso di malattia, al testamento».
Vincenzo e Giacomo sono stati festeggiati da parenti, colleghi e ex studenti, poi pranzo a San Samuele. Nei prossimi giorni saranno a scuola, per poi partire la prossima settimana per il viaggio di nozze, tra Londra, Copenhagen e gli amici e parenti che li aspettano a Napoli per festeggiare.
Roberta De Rossi
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia