Matrimoni in crisi, colpa della psiche
Instabilità e fragilità dietro metà annullamenti decisi dal Tribunale ecclesiastico

Foto-simbolo di un matrimonio che non è durato a lungo
Sono centinaia le persone che ogni anno si rivolgono al Tribunale Ecclesiastico del Triveneto (Tert), con sede in città, per chiedere come si fa ad annullare un matrimonio. Nel 2010 gli avvocati pagati dal tribunale per fornire consulenza gratuita hanno ascoltato ben 424 persone.
Nel complesso però a rivolgersi al Tert sono stati quasi in 800, anche se poi in molti rinunciano, una volta compreso che ottenere la nullità presuppone un percorso doloroso. Si è svolta mercoledì al Centro Cardinal Urbani di Zelarino, la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Triveneto. Con l'occasione è stato presentato il report dell'attività svolta nel 2010. Nella tabella in alto si possono vedere alcuni numeri dell'attività. Ma un dato su tutti colpisce: il 49 per cento dei matrimoni è dichiarato nullo per «incapacità», canone 1.095 del codice di diritto canonico: capo di nullità legato alla fragilità psichica. «Accade nella maggior parte dei casi - spiega il presidente del tribunale, don Aldo Andreotti - che uno o entrambi i coniugi al momento di contrarre il vincolo fossero stressati psicologicamente. I disagi sono diversi: problematiche legate all'anoressia piuttosto che alla droga, alla personalità fragile, alla depressione post parto, grosse difficoltà nei momenti della crescita mai superate: ci sono persone che si sono conosciute e sposate ai tempi in cui erano in cura entrambi e il consenso non è stato libero e sereno». Il Tribunale effettua un centinaio di perizie presso psicologi e psichiatri i quali riscontrano una situazione pregressa che si è incancrenita al tempo dell'adolescenza e diventa eclatante dopo il matrimonio». La nullità viene concessa quando si riscontra una grave compromissione della libertà e della capacità di comprendere il peso del consenso matrimoniale. Esiste l'incapacità psichica di progettare il matrimonio e di essere un buon marito o una buona moglie. C'è il caso della persona che si attacca al coniuge solo per avere affetto, ma non per costruire una famiglia; chi si sposa perché condivide lo stesso legame con la droga; e ancora le coppie che hanno problemi legati alla sfera sessuale di origine psicologica (disfunzione erettile, difficoltà di eiaculazione). Al secondo posto c'è l'esclusione della prole (22,9 per cento dei casi) e dell'indissolubilità (22,5 per cento). «Un coniuge può sposarsi - spiega don Andreotti - con l'intenzione d'essere prudente riguardo alla nascita dei figli perché non è sicuro del legame, ma poi se la riserva diventa decisione da cui non si torna indietro, il quadro cambia». L'egoismo e il narcisismo sono tra le cause che portano all'annullamento: «In alcuni casi il marito o la moglie si uniscono in matrimonio, ma uno dei due continua ad andare al bar con gli amici trascurando la famiglia, si sposa per un personale tornaconto». Un 2,5 per cento incide anche la cosiddetta «esclusione della fedeltà». Che non significa tradire ogni tanto o coltivare qualche scappatella, ma avere un progetto che si traduce in una decisione precisa, come quella di sposarsi e mantenere un'amante. Dal punto di vista procedurale, il 75 per cento delle cause si è risolta pro nullità. Un altro dato interessante riguarda anche le richieste di esonero, portate anche dal vento della crisi. 58 le persone che hanno chiesto il patrono stabile, vale a dire l'avvocato d'ufficio, riconosciuto a una decina in meno. «Su matrimonio e problematiche sociali ad esso collegate, chi è più aggiornato è proprio il Tribunale - ricorda don Andreotti - che deve agire con molta compassione».
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