Masegni dissestati alle Zattere. «Colpa delle grandi navi»
di Marco Petricca
Distaccamenti, fenditure e fessure alle Zattere, riva fondamenta ai Saloni. Masegni e marmi che non coincidono più, dissestati. Fessure ampie che si liberano tra i pesanti blocchi di marmo della riva. E sconnessioni che si propagano fino ai masegni subito dopo i marmi, restituendo al disordine il delicato lavorio d’incastro a mosaico. Spazi anche di quattro centimetri in cui puoi fare scivolare due dita, o passere una mano. E’ lo stato in cui versa l’ultima parte delle Zattere, fondamenta ai Saloni, a qualche centinaio di metri da punta della Dogana. Fenomeno che si registra già all’altezza delle fondamenta allo Spirito Santo, ma che si aggrava via via verso ai Saloni, prima e dopo i ponti, ugualmente. Si tratta di quella lunga parte di riva delle Zattere restaurata nel 2007. E’ uno dei due canali la cui competenza spetta al Magistrato delle Acque. Un lungo intervento allora, che comprendeva la sostituzione dei masegni e il reintegro dei marmi. Riqualificazione che risale a quattro anni fa, dunque, in concomitanza al restauro, firmato da Renzo Piano, dei Magazzini del Sale e poi di Punta della Dogana. Un degrado recentissimo, dunque. Tempi troppo brevi per lasciare spazio all’ipotesi d’un fenomeno naturale, leggi «inevitabile». Tempi troppo bervi ancora di più quando si osserva la forma a incastro con cui le lastre sono state disposte, proprio per fra fronte al moto ondoso di superficie. Sul banco degli imputati c’è una causa artificiale, ed è tutt’altro che «spontanea». L’ipotesi dei rapidi distaccamenti è il passaggio delle grandi navi che percorrono quel tratto prima di inoltrarsi nel Bacino di San Marco. Ne è certo Cristiano Gasparetto del direttivo di Italia Nostra: «E’ la riprova di quanto è già avvenuto in riva dei Sette Martiri – dice. Dopo i lavori per sistemare le rive disconnesse, il degrado si sta riproducendo rapidamente anche lì e allo stesso modo». La disconnessione delle rive, lo ha spiegato Luigi D’Alpaos, esperto d’idraulica dell’università di Padova, non riguarda «le onde di superficie» o il moto ondoso visibile ad occhio. E’ invece un fenomeno sommerso, lento ma incisivo, «che avviene in profondità», anche se l’impatto si registra a breve tempo. Le grandi navi spostano un volume d’acqua pari alla loro parte sommersa. Massa d’acqua che si comprime e decomprime sui fondali al transito della parte bagnata dei giganti del mare e che corrode in profondità le fondazioni delle rive. Le fessure che si aprono tra i marmi sarebbero il risultato dello scavo, e dunque dei vuoti nella malta e nelle pietre, registrati in profondità. Una spiegazione scientifica che Luigi D’Alpaos illustra in uno uno schema nel suo ultimo libro sui «misfatti della Laguna». Un lento lavorio sommerso che non è accompagnato da onde di superficie, e non è quindi visibili a occhio nudo. E i recenti distaccamenti alle Zattere ne sono l’espressione. Ne è riprova la fondamenta dell’Isola di San Giorgio, lato punta della Dogana, dunque esposta al transito delle grandi navi, dove alcuni masegni sono sprofondati del tutto e i marmi delle rive scivolano lentamente, più d’uno, verso l’acqua.
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