Maritan, la Zaccariotto vuole il processo in aula
Francesca Zaccariotto ha cambiato idea e ieri il suo difensore, l’avvocato Fabio Pinelli, ha spiegato al giudice veneziano Barbara Lancieri che la sua cliente non ha intenzione di chiedere di essere giudicata per ora con il rito abbreviato, ma vuole invece rilasciare per la seconda volta una sua dichiarazione sulla vicenda che l’ha coinvolta.
L’avvocato Annamaria Marin per Luciano Maritan e l’avvocato Piero Barolo per Eugenia Candosin, invece, hanno confermato di volere il rito abbreviato, facendosi così giudicare allo stato degli atti senza finire davanti al Tribunale. Il magistrato ha rinviato l’udienza al prossimo 23 settembre. L’ex sindaco di San Donà di Piave ed attuale assessore a Venezia di Luigi Brugnaro, comunque, ha tempo di cambiare nuovamente idea: il 23 settembre, infatti, dopo aver reso le sue dichiarazioni, potrà chiedere anche lei il rito abbreviato, in modo da evitare di finire in aula.
Dopo che il giudice veneziano Massimo Vicinanza aveva prosciolto l’ex sindaco, il pregiudicato e l’ex responsabile delle risorse umane del Comune, la Corte di Cassazione, sulla base del ricorso presentato dal pubblico ministero Carlotta Franceschetti, aveva invece sostenuto che i tre andavano processati dal Tribunale per i reati di abuso d'ufficio e falso ideologico perché doveva essere il vaglio dibattimentale a stabilire se le prove raccolte dalla Procura fossero sufficienti a emettere una sentenza di condanna o meno. Per i giudici romani, il magistrato veneziano dell'udienza preliminare, «in presenza di elementi non chiari, suscettibili a valutazioni divergenti», non avrebbe dovuto affermare l'inutilità del dibattimento, anzi, «a fronte di un contesto probatorio fluido e aperto a ogni esito, è da approfondire e chiarire proprio al fine di superare, nel contradditorio dibattimentale, l'incertezza del quadro probatorio». Stando alle accuse, Zaccariotto, in qualità di sindaco, previo accordo con Luciano Maritan istigava Eugenia Candosin, responsabile del personale, ad avviare al lavoro Maritan, preferendolo ai 31 candidati che lo precedevano nella graduatoria e omettendo poi di renderla pubblica». E ancora, «Eugenia Candosin attestava il falso avviando al lavoro Luciano Maritan su istigazione del sindaco Francesca Zaccariotto». Il pregiudicato si sarebbe messo in tasca cinquemila euro in tre mesi per svolgere la funzione di guarda parco a San Donà. Luciano Maritan, già condannato per altro, è il nipote del boss sandonatese Silvano, legato un tempo alla banda di Maniero. Nella sentenza la Cassazione elenca gli elementi d'accusa.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia