«Maritan brandiva il coltello e gridava infame per far paura»

Omicidio Lovisetto. Il racconto di un testimone del delitto del 13 novembre 2016 in piazza a San Donà Sentita in Corte d’assise anche l’ex fidanzata: quella sera avevo un appuntamento con Silvano 
Interpress/M.Tagliapietra Vernezia 04.12.2017.- Processo Maritan. Tribunale Venezia
Interpress/M.Tagliapietra Vernezia 04.12.2017.- Processo Maritan. Tribunale Venezia
SAN DONÀ. «Il coltello veniva brandito da Maritan come per fare paura. Gridava “Infame, infame”. Lovisetto indietreggiava ma non scappava. Avrebbe potuto farlo, invece continuava a stare vicino a Maritan». Lo ha raccontato, ieri davanti alla Corte d’assise di Venezia, uno dei testimoni oculari del delitto che si è consumato la sera del 13 novembre 2016 in piazza Indipendenza. Quella celebrata ieri è stata la prima udienza del processo per omicidio volontario e porto d’armi non autorizzato a carico di Silvano Maritan, accusato di aver accoltellato mortalmente Alessandro Lovisetto, 53enne di Musile. L’ex boss del Veneto Orientale era in aula - elegantissimo con giacca e camicia - e ha seguito attentamente le deposizioni e la raffica di domande poste ai testimoni dalla pm Paola Tonini, dall’avvocato difensore Giovanni Gentilini e dai giudici togati della Corte d’assise Stefano Manduzio e Daniela Defazio. Maritan si è sempre difeso sostenendo che non avrebbe voluto uccidere, solo difendersi, e che aveva colpito a caso perché nello scontro aveva perso gli occhiali.


La ricostruzione del delitto.
Le prime fasi dell’incontro non sono state viste dai testimoni sentiti ieri, né la telecamera del Comune ha ripreso la scena. Solo un teste ha riferito di aver sentito Maritan apostrofare Lovisetto con un “
Com’ea?
”. “
Tuto ben
”, avrebbe risposto l’altro. Poi era iniziato lo scontro. «Prima verbale, poi fisico. I due erano distanti un metro l’uno dall’altro», ha riferito uno dei ragazzi che quella sera di metà novembre era tra il Caffè Letterario e la galleria. I testi hanno riferito di pugni e calci reciproci, Maritan descritto con l’immancabile cappotto color cammello, la camicia e la cravatta, Lovisetto come un uomo corpulento tanto da essere soprannominato “Sandrone”. «
Te cope, fiol de p...
», avrebbe detto l’ex boss. «All’improvviso è comparso il coltello, Maritan lo teneva in mano e faceva movimenti a destra e a sinistra». L’ex boss brandiva la lama, Lovisetto indietreggiava e si copriva il volto e il petto con gli avambracci. Ma non scappava, come ha precisato un teste rispondendo alle domande della difesa. «I fendenti partivano dall’altezza del braccio verso l’alto. Dieci colpi, forse meno. Poi Maritan ha colpito la guancia di Lovisetto». È a questo punto che lo scontro tra i due termina: «Lovisetto, come se non fosse successo nulla, si tiene con la mano la ferita sul volto e va verso la corte del Caffè Letterario. Quando arriva all’altezza della spina della birra all’esterno, toglie la mano, si appoggia e stramazza». Sono i ragazzi che ieri hanno testimoniato in aula i primi a prestare soccorso a Lovisetto e nel contempo a individuare Maritan tornato sul luogo del delitto a cercare gli occhiali. «Gli ho detto di non allontanarsi perché stavano arrivando i carabinieri, mi ha risposto che doveva andare via e che avremmo dovuto riferire noi testimoni cosa fosse successo alle forze dell’ordine».


L’ex fidanzata.
«Quella sera avevo appuntamento con Maritan alle 18: gli dovevo parlare per la questione dei soldi (l’ex boss pretendeva la restituzione di 6.000 euro pagati per una moto,
ndr
), poi Alessandro gli avrebbe dovuto dire di lasciarci stare». Lo ha raccontato l’ex compagna di Maritan, poi compagna di Lovisetto, che ha ripercorso con commozione anche l’aggressione di cui era stata vittima ad agosto 2016: «Maritan è venuto a casa mia, mi ha tirato una sberla o un pugno, mi ha presa per i capelli, ha tirato fuori un coltello, che non era lo stesso del delitto, e minacciandomi mi ha detto che avrei dovuto firmare le cambiali e mi ha chiesto dove abitava Alessandro: o ammazzava me o lui per questioni di principio. Doveva difendere il suo onore». E pensare, ha raccontato la donna, che tempo prima Lovisetto aveva pure contribuito a pagare l’avvocato che difendeva Maritan. Qualche settimana dopo l’aggressione in casa, l’ex compagna ha raccontato che Maritan l’aveva aspettata in un parcheggio per convincerla a firmare una dichiarazione per dire che era lei ad aver avuto il coltello in mano quel giorno. Dichiarazione che poi la donna effettivamente firmerà «per il quieto vivere». Da quella volta e fino alla sera del delitto, Maritan si era fatto vivo con la donna via WhatsApp e Messanger: «Mi diceva che dove trovava Alessandro, lo lasciava». La mattina del 13 novembre, la ex aveva restituito a Maritan, tramite due parenti, alcune cose che l’uomo reclamava: un anello, un giubbotto in pelle, un set di piatti e altre cose. Quanto ai 6.000 euro della moto: «Non ritenevo di dover restituirgli nulla per tutto quello che avevo fatto per lui».


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