Marginamento anti-inquinamento a Porto Marghera: «Mancano 200 milioni»
MARGHERA. Fino ad ora sono stati spesi 800 milioni di euro _ recuperati in gran parte dalle transazioni per i danni ambientali causati in laguna nell’arco di decenni dalle industrie attive nel popolo industriale veneziano che quest’anno compie 100 anni _ per proteggere, con la muraglia di marginamento, la laguna dal percolamento dei terreni inquinati di Porto Marghera rischiano di essere buttati al vento, senza peraltro aver messo in sicurezza il fragile e complesso ecosistema lagunare. Il sindaco di Venezia aveva assicurato che grazie al Patto per Venezia firmato l’anno scorso con l’ex premier Renzi e il successivo accordo sottoscritto con il ministro dell’Ambiente, Galletti, sarebbero arrivati presto i soldi mancanti per completare i 3,5 chilometri mancanti della muraglia di palancole e canalette di drenaggio delle acque che filtrano dai terreni contaminati per spedirle al mega-depuratore di Fusina, lunga ben 42 chilometri. Ma a dare l’allarme sul rischio di avere un’altra opera ambientale “incompleta”, come le ancora più costose barriere del Mose, è l’assessore regionale veneto allo Sviluppo Economico, Roberto Marcato.
«Per completare il marginamento di Porto Marghera mancano all’appello non meno di 200 milioni di euro – spiega l’assessore Marcato –. Tali fondi devono essere messi a disposizione del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia (ex Magistrato alle Acque di Venezia a cui compete la realizzazione dell’opera) dal ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare». La Commissione parlamentare d’inchiesta contro gli illeciti nel traffico dei rifiuti e l’inquinamento ambientale – presieduta da Alessandro Bratti – alla fine del 2015, dopo un’ispezione in loco, ha redatto un dossier sulla mancata messa in sicurezza dei terreni inquinati di Porto Marghera e il mancato risanamento della laguna, quantificando tra i 250 e i 300 milioni la somma necessaria per completare l’opera di marginamento, premessa alla bonifiche e al rilancio delle aree industriali dismesse. La Commissione d’inchiesta aveva fatto anche presente il cedimento delle palancole già installate, fatto poi confermato da un’indagine di qualche anno fa del Laboratorio anti-inquinamento dell’allora Magistrato alle Acque.
Della somma indicata dalla Commissione il ministero dell’Ambiente ha girato fino ad ora soltanto 72 milioni di euro, utilizzando il Fondo di coesione europeo. Ma per l’assessore Marcato non tutto è perduto: «Ci sono nuove opportunità con il riconoscimento di Porto Marghera e del territorio del comune di Venezia come Area di crisi industriale complessa. E proprio la recentissima riunione con la parti sociali su questo tema, mi offre l’occasione per ribadire che avrei preferito che, invece di staccare tante promesse, mai concretizzate, durante la campagna referendaria sulle riforme, si fossero staccati anche i relativi assegni che non si sono ancora visti». «In occasione del tavolo permanente che avevo convocato il 24 ottobre dell’anno scorso a Venezia – aggiunge Marcato – i parlamentari di tutte le forze politiche presenti si erano espressi unanimemente sulla necessità di rendere subito disponibili i fondi per completare il marginamento e per rendere Porto Marghera ecologicamente attrezzata e appetibile per nuovi insediamenti». A Marcato replica il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta, Alessandro Bratti: «Non vorrei che la Regione Veneto, così come sui Pfas, pensi di risolvere i problemi accusando il Governo. Io non so se questi soldi ci sono o meno, dico solo che le istituzioni nel loro complesso non fanno bella figura a bisticciare su chi fa o non fa. I cittadini e le imprese vorrebbero dei segnali concreti per risolvere il problema della messa in sicurezza della laguna e del risanamento e del rilancio di Porto Marghera, non delle polemiche !».
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