Marghera, rapine, furti e spaccio di droga: diciannove indagati

Tra loro Corradin, Letizia e Duse. Per l’indagine sentito anche il boss Galatolo. Spunti investigativi per le maxi rapine della Scomenzera e di viale Ancona

MARGHERA. Associazione a delinquere per commettere furti, rapine e per lo spaccio di droga. E’ questa l’accusa mossa dalla procura veneziana nei confronti di 19 persone, tra loro molti nomi noti della criminalità veneziana.

L’indagine è una costola di quella che, nel 2016, aveva portato alla condanna di Nicola Corradin e Stefano Letizia (ex guardia giurata). Corradin, attualmente detenuto, era stato condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione per la detenzione di un mitra e tre pistole, due delle quali clandestine perché la matricola era stata abrasa per non risalire alla loro provenienza, della detenzione di 15 chili di marijuana e di un etto di cocaina, di due rapine messe a segno il 17 febbraio 2015 a Marghera e il 15 agosto dello stesso anno e Fusina e di ricettazione di due potenti automobili risultate rubate (una Bmw e una Mercedes).

Stefano Letizia, che doveva rispondere della detenzione dello stesso mitra e delle pistole se l’era cavata con una pena di poco più di due anni. Da quell’indagine, con il contributo di Corradin, che ha iniziato a collaborare, la procura ha ricostruito quella che ritiene una vera e propria associazione a delinquere. Corradin ad esempio, per le due rapine del 2015, ha chiamato in causa lo stesso Letizia - difeso dall’avvocato Mauro Serpico come un’altra indagata (Massimiliana Zerbin) - e anche Aleandro Lovisetto, ucciso a coltellate il 13 novembre del 2016 dall’ex boss del Veneto orientale, Silvano Maritan. Tra gli altri indagati anche Alessandro Duse, con la moglie Massimiliana Zerbin. Duse, secondo la procura, era colui che procurava le auto per commettere le rapine, incaricando del furto Stefano Secci, di cui conosceva l’abilità nei furti d’auto. Nel corso dell’indagine la pm Lucia D’Alessandro ha sentito a sommarie informazioni anche Vito Galatolo, capo della famiglia dell’Aquasanta di Palermo, che prima di diventare collaboratore di giustizia, aveva messo su casa a Mestre, lavorando per il signore dei trasporti turistici al Tronchetto, il “Cocco cinese” Otello Novello.

Vito Galatolo, nel corso di un’altra inchiesta, aveva infatti spiegato di aver conosciuto il mondo della malavita veneziana e di sapere chi erano gli autori della rapina, e come era organizzato il gruppo che aveva il suo uomo di riferimento in Alessandro Duse.

La vicenda è emersa ieri al Tribunale del Riesame. Nelle settimane scorse infatti la pm Lucia D’Alessandro aveva chiesto le misure cautelari per 12 dei 19 indagati ma la giudice Barbara Lancieri le aveva respinte, non riconoscendo di fatto l’associazione a delinquere e ritenendo che non ci fossero gli estremi, essendo gli episodi contestati risalenti ad alcuni anni fa, per applicare le misure restrittive.

La pm ha presentato ricorso al Riesame e ieri mattina ha esposto le proprie ragioni, così come farà anche il prossimo 3 ottobre mentre il 17 toccherà agli avvocati difensori. Nel caso in cui il tribunale del Riesame riconoscesse la bontà delle richiesta delle procura, per l’applicazione delle misure bisognerebbe comunque aspettare il pronunciamento della Corte di Cassazione.

Nel corso di quest’indagine - iniziata dopo la scoperta del deposito di Quarto d’Altino dove c’erano la droga e le armi per le quali sono stati condannati Corradin e Letizia - spunti di interesse investigativo sono emersi in merito alle due maxi rapine alla barca della Civis alla Scomenzera, a due passi da Piazzale Roma, che aveva fruttato oltre un milione di euro, e quella nei pressi dell'hotel Laguna Palace di viale Ancona, al termine della quale i banditi fuggirono con un bottino di altri 800 mila euro. —


 

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