Marchionne: «Fiat forse fuori dall’Italia». E Zaia gli dà ragione

Il governatore veneto solidale con l’ad della casa automobilistica: «L’Italia è diventata incompatibile con la libera impresa». Ma il capogruppo della Lega Bitonci lo corregge: «Fiat non è un’azienda qualsiasi»
Sergio Marchionne A.D. FIAT con il ministro Flavio Zanonato durante l'assemblea generale degli associati 2013 dell'Unione Industriale, Torino,8 luglio 2013 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Sergio Marchionne A.D. FIAT con il ministro Flavio Zanonato durante l'assemblea generale degli associati 2013 dell'Unione Industriale, Torino,8 luglio 2013 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

VENEZIA. Fiat potrebbe non investire più in Italia perchè «le condizioni industriali rimangono impossibili». E i nuovi modelli Alfa Romeo potrebbero essere prodotti all'estero in quanto il Lingotto ha «le alternative necessarie per realizzarli ovunque nel mondo». Parole pesanti quelle che Sergio Marchionne torna a pronunciare nell'incontro con gli analisti finanziari sui dati del secondo trimestre. «Rimango open minded, non ho pregiudizi», afferma l'amministratore delegato e insiste sulla necessità che il governo riempia il vuoto lasciato dalla sentenza della Corte Costituzionale («stiamo cercando di capire le implicazioni della sentenza per le nostre attività in Italia, per ora dal governo non ho visto nulla», afferma).

Venerdì la Fiat ne parlerà con i sindacati e nel pomeriggio ci sarà l'atteso incontro con il leader della Fiom, Maurizio Landini: «vedremo il risultato», dice Marchionne. Anche il ministro dello Sviluppo Economico, il padovano Flavio Zanonato, conta di incontrare il manager Fiat prima del 10 agosto. Sul tappeto c'è il futuro di due fabbriche importanti, quelle di Mirafiori e Cassino: per entrambe la cassa integrazione è agli sgoccioli, a Torino finirà il 30 settembre, nell'altro stabilimento a fine anno. Se gli investimenti non si sbloccano il futuro di entrambi è ad alto rischio, con risvolti occupazionali drammatici. Il ministero dello Sviluppo Economico ha convocato invece domani il tavolo per gli stabilimenti già chiusi di Termini Imerese e Irisbus.

Zaia: «Ha ragione Marchionne». «Ha ragione Marchionne: l'Italia è diventata incompatibile con la libera impresa e l'unica secessione reale la stanno facendo le nostre aziende fuggendo e decentrando verso zone d'Europa dove la pressione fiscale è equa, gli adempimenti sono umani. Nel frattempo Roma cosa fa? Dorme...». Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, commenta le dichiarazioni dell'ad di Fiat. «Spesso - spiega Zaia - ricevo rappresentanti di multinazionali che vengono a presentarmi progetti chiavi in mano i quali prevedono investimenti e nuovi posti di lavoro per il Veneto. L'unica cosa che davvero li preoccupa è non rimanere invischiati nell' 'Ufficio complicazione affari semplicì, nei rinvii e nei paradossi burocratici, nell'intrico di regole e di leggi che si smentiscono l'un l'altra».

«Decine di adempimenti su ogni bicchiere di vino che viene prodotto da imprenditori veneti che stanno mostrando la polvere ai francesi - prosegue il presidente della Regione -, una pressione fiscale che ha superato ogni limite mondiale e si aggira fra il 65 e il 68%, sessantotto dichiarazioni per svolgere una attività, anche minima, di import-export; peregrinazioni fra decine di uffici per svolgere adempimenti; 31 miliardi di costo l'anno per adempiere a tutti gli obblighi di legge e dai 30 ai 100 giorni di lavoro rubati dalla burocrazia al lavoro in impresa». «Non lamentiamoci poi se gli investimenti non prendono in considerazione il nostro paese - conclude Zaia - insomma, stiamo ammazzando definitivamente le imprese e la voglia di intraprendere»

Bitonci: «Lo comprendiamo ma Fiat non è un’azienda qualsiasi». «Non è la prima volta che l’ad Sergio Marchionne minaccia di trasferire all’estero le produzioni Fiat. Certo, come imprenditore lo comprendiamo: in Italia le condizioni sono impossibili e questo governo sta deludendo su tutta la linea. Non sta facendo nulla per le imprese in crisi e ogni giorno sono decine le aziende che decidono di delocalizzare. Il governo Letta non solo sta facendo scappare all’estero i nostri imprenditori sui quali grava una pressione fiscale insostenibile e una burocrazia inutile e costosa ma non fa nulla nemmeno per impedire che nostri marchi d’eccellenza vengano svenduti. Ma la Fiat non è un’azienda qualunque. In passato ha ricevuto a vario titolo contributi e sovvenzioni pubbliche in una tale misura che oggi potremmo dire senza sbagliare che ogni italiano ha pagato almeno una ruota di ogni macchina prodotta dalla Fiat. Insomma è quasi un’azienda di Stato. Per questo se davvero vuol delocalizzare la Fiat farebbe bene a restituire tutto quello che ha ricevuto negli anni dallo Stato». Lo dichiara Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord al Senato in riferimento alle parole dell’ad Fiat.

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