Marchi contro la Regione su Vtp «Non vuole che Save la diriga»
«Mettono le mani su Vtp per piazzarci magari qualche amico o qualche consulente. L’unico obiettivo del consiglio regionale è che Save non si occupi del Porto turistico di Venezia». Spara ad alzo zero Enrico Marchi, presidente di Save, società di gestione dell’aeroporto Marco Polo sulla vicenda della vendita delle quote della Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), società di gestione del porto delle crociere della città. Il presidente di Save ha rotto il silenzio che aveva sposato in queste ultime settimane sulla vicenda durante l’assemblea di Confindustria Venezia, nel padiglione dell’ex Expo di Marghera, davanti a 1300 imprenditori, politici e amministratori.
Difficile dire se la scelta Marchi di attaccare la Regione sia stata ponderata o presa di pancia, dopo le parole del presidente della Regione, Luca Zaia, che nel suo intervento ha chiesto al governo di smetterla di bisticciare - «ci sono tre ministeri che litigano da cinque anni» - per individuare un’alternativa al passaggio delle grandi navi per il bacino di San Marco, e ha poi spiegato l’operato della Regione, attraverso Veneto Sviluppo, nella società di gestione dello scalo. Operazione che «ha permesso di fare entrare», queste le sue parole, «le compagnie di crociera nella gestione». Certo è che, quando il giornalista Nicola Porro, chiamato a moderare il confronto, chiede a Marchi un’opinione sul sistema fiscale italiano, lui devia e parte all’attacco lancia in resta contro la Regione, mentre Zaia ha già lasciato il padiglione per andare a sostenere Giuseppe Casson al ballottaggio di Chioggia.
Un attacco che svela le mire di Save su Vtp.
«Non posso essere d'accordo con quello che ha detto Zaia perché», argomenta Marchi, «bisogna ricordare che il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità un documento (lo scorso 9 aprile, ndr) il cui unico obiettivo è fare in modo che Save non gestisca il Porto. La regione non può fare il gestore del Porto». Marchi cita l'esempio degli aeroporti di Venezia e Treviso e li contrappone a quelli, a gestione pubblica, di Verona e di Trieste. «Quest’ultimi, a gestione pubblica, sono in perdita mentre Venezia è diventato il terzo scalo italiano, con settemila addetti. Ma forse questo alla Regione non interessa, l'unico obiettivo della Regione è che Save non si interessi del Porto mentre io vorrei che crescesse come è successo con l'aeroporto». E ancora, in merito all’immobilismo sull’alternativa al bacino San Marco per le grandi navi. «Se privatizziamo il Porto risolviamo il problema in un anno. La gestione pubblica, a mio vedere, sarebbe l'unico ostacolo a risolvere il problema. Ma forse serve per mettere qualche consigliere, qualche consulente di fiducia».
Una privatizzazione che avrebbe potuto in qualche modo ricalcare quanto già successo qualche anno fa con l'aeroporto e la scalata della Finanziaria di Marchi che aveva acquistato le quote messe in vendita sempre da Veneto Sviluppo, ai tempi di Giancarlo Galan. Poi la chiusa avvelenata: «La politica è l'arte di servirsi del prossimo facendo finta di servirlo».
Un intervento con cui Marchi esce allo scoperto, e che farà molto discutere. In serata la prima reazione dal presidente di Veneto Sviluppo, Massimo Tussardi: «Siamo convinti che un asset strategico per il Veneto quale è il Terminal Passeggeri possa essere gestito al meglio e per il meglio da una società a leadership pubblica», dosa in una nota, «come peraltro è stato fino ad oggi, e che la stessa saprà garantire e salvaguardare appieno gli interessi economici del territorio». Come si ricorderà la fibrillazioni sullo scalo sono nate quando l’Autorità portuale ha messo in vendita, per legge, le quote detenuta in Apvs, titolare del 53% di Vtp. Il bando è stato vinto dalle società crocieristiche (Msc Cruises, Royal Caribbean e Msc Costa con Global Holding, riunite nella Venezia Investimenti) ma Veneto Sviluppo (su suggerimento della Regione) ha esercitato il diritto di prelazione: con una mano ha acquistato tutte le quote, con l'altra ha dovuto venderne - per statuto - una parte abbondante, pari al 48%. A chi ha venduto? Alle società crocieristiche. Entrate, con una quota (per ora) di minoranza, nella società che ha la maggioranza di Vtp, ma con la possibilità da parte di Veneto Sviluppo, nei prossimi due anni, di cedere altre quote. Gestione pubblica in bilico - e con un ruolo che per Save potrebbe essere subalterno ai crocieristi - e dubbi sulla gestione privata, in particolare se affidata ai crocieristi. Lo dice uno studio Ambrosetti: i porti gestiti da soli armatori hanno bilanci in perdita. Come Napoli o Civitavecchia.
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