Manovra, è giallo sul maxi aumento di 6,5 centesimi della benzina

Indiscrezioni su un aumento delle accise sui carburanti per finanziare cassaintegrazione e social card. Ma fonti del Tesoro smentiscono. La Cgia:«Tasse producono infedeltà fiscale»
Un distributore di benzina a Roma, 01 ottobre 2013. ANSA / ETTORE FERRARI
Un distributore di benzina a Roma, 01 ottobre 2013. ANSA / ETTORE FERRARI

VENEZIA. Ci sarebbe un maxi aumento immediato delle accise sui carburanti: dalla data di entrata in vigore della manovra la benzina salirà di 6,5 centesimi al litro. L'aumento dal primo gennaio 2014 e fino al 31 gennaio 2015 si dimezzerà a 3,3 euro al litro. La misura sarebbe nella bozza della manovra per la correzione del deficit, necessaria per far rientrare l’Italia nei parametri europei. Ma fonti del ministero dell’Economia hanno smentito l’indiscrezione, affermando che nel decreto per la correzione del deficit che sarà questa sera sul tavolo del Consiglio dei Ministri non ci sarà alcun aumento di accise.

La Cgia: “Troppe tasse producono infedeltà fiscale”. «In Italia c’è anche un’evasione di sopravvivenza legata alla difficile situazione economica. La vera causa dell’infedeltà fiscale presente in Italia è, a mio avviso, dovuta a un carico fiscale che ha raggiunto un livello non più sopportabile: indipendentemente dall’evasione fiscale, il nostro Erario dispone comunque di una quantità di entrate maggiore degli altri Paesi». Lo afferma il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi. «Il problema - afferma Bortolussi - è che lo Stato italiano questi soldi non li spende bene, nonostante debba farsi carico di una spesa molto elevata per gli interessi sul debito pubblico. Certo, l’evasione va combattuta ed estirpata, ma è bene che in nessun modo si usi l’alibi dell’evasione fiscale per perorare la tesi che non ci sono i soldi, ad esempio, per la scuola, le infrastrutture, lo stato sociale o la sanità: chi sostiene questa tesi non dice la verità».

Nel 2012 la pressione tributaria in Italia, ovvero le imposte, le tasse e i tributi sul Pil, ricorda la Cgia, era pari al 30,2%: 3,7 punti in più della media Ue e ben 6,6 punti in più della Germania. Una differenza che è solo in parte giustificata dal maggior costo del debito pubblico. Dai tedeschi, ad esempio, ci separano 3 punti di Pil (per gli interessi sul debito noi paghiamo il 5,5 per cento del Pil mentre la Germania il 2,5 per cento). E passando all’analisi della pressione fiscale, le cose non cambiano di molto. Sempre l’anno scorso, la pressione fiscale in Italia (vale a dire la somma della pressione tributaria e quella contributiva sul Pil) è salita al 44 per cento (per quest’anno è prevista in aumento di un altro 0,3 punti). Tra i big dell’Ue solo la Francia (46,9 per cento) aveva un carico fiscale superiore al nostro, mentre tutti gli altri si collocavano abbondantemente al di sotto: Germania al 40,6 per cento; Regno Unito al 37,1 per cento, mentre la media Ue era del 40,5 per cento.

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