Maniero il grande assente al convegno sulla mafia

La sua sedia al Pala Arrex è rimasta vuota, ma si è parlato soprattutto di lui La zia di Cristina Pavesi: «Non ha mai chiesto perdono, non me la sento di venire»
Di Giovanni Cagnassi
DE POLO - DINO TOMMASELLA - JESOLO LIDO -CONVEGNO SU MALA DEL BRENTA - attesa all'ingresso e coda per entrare in sala
DE POLO - DINO TOMMASELLA - JESOLO LIDO -CONVEGNO SU MALA DEL BRENTA - attesa all'ingresso e coda per entrare in sala

JESOLO. La sedia è rimasta prevedibilmente vuota e il telefono messo a disposizione non è squillato, ma l’eco delle imprese di Felice Maniero e della mafia del Brenta è risuonato nelle sale del Pala Arrex di Jesolo dove la mostra dei “Serial Killer” di Auro Rigoni ha organizzato il convegno su "Mafia del Brenta, una storia di amicizia e morte".

Oltre 300 i partecipanti, con un ricco parterre di scrittori e giornalisti che hanno ripercorso le tappe della scalata di Maniero nei vari gradi della criminalità organizzata.

Maniero, oggi Luca Mori, la sua nuova identità, ha espresso il suo pensiero nei giorni scorsi sulle colonne della Nuova di Venezia e Mestre, attaccando aspramente il convegno, organizzazione e soprattutto relatori che mai lo avrebbero conosciuto realmente. Gli ha risposto il moderatore educatamente, ma con fermezza, Fabio Sanvitale, contro ogni forma di spettacolarizzazione, suggerendogli di criticare liberamente, ma almeno dopo il convegno.

L’ ex capo della Mobile veneziana Antonio Palmosi ha ripercorso le tappe della vita criminale di Maniero, dal primo stupro negli anni ’70 ai contatti con Ottavio Andrioli e la mafia a Milano, poi la vertiginosa ascesa, evidenziando l’importanza di sistemi legislativi, e non solo investigativi, efficaci contro la criminalità.

Poi è stata la volta della giornalista e scrittrice Monica Zornetta, già nel mirino di Maniero per i dettagli da lei rivelati nei suoi libri. Zornetta ha voluto ricordare che razza di criminale fosse Maniero, leggendo la lettera commovente della zia di Cristina Pavesi, la giovane di Conegliano che rimase uccisa nell’assalto al treno portavalori alla stazione di Vigonza-Pianiga: «Non me la sono sentita di partecipare, perché coinvolta emotivamente», scrive la zia Michela, «Maniero non ha chiesto perdono, non è mai cambiato e gli ricordo che la vita è un bene prezioso».

La scrittrice e presentatrice televisiva Cinzia Tani ha elogiato il modo in cui il convegno si è sviluppato, la precisione e la professionalità dei relatori. Ugo Dinello, giornalista della Nuova di Venezia e Mestre, coautore del libro Mafia a Nord Est, ha chiesto con la vivacità del cronista dove siano finiti intanto i soldi di Maniero e ha parlato di una mafia sostanzialmente importata a suo tempo nel Veneto di Maniero, i cui effetti hanno lacerato intere generazioni di giovani con la droga.

Tra il pubblico, tanti ragazzi che all’epoca forse non erano neanche nati, poi qualche persona più matura. Forse tra le sedie si è nascosto anche chi ha avuto a che fare con la giustizia in quegli anni.

Neanche la pur minima assoluzione è stata pronunciata nei confronti di chi è stato protagonista in quei terribili anni. È emerso un quadro di omertà che allora aveva ammantato la società civile, quasi affascinata dalla personalità di Maniero, dipinto spesso come un impavido che viaggiava in Porsche.

È spesso prevalso, nelle cronache di quegli anni, il ritratto di Felice Maniero, disegnato quasi in chiave romanzesca. Ma quella lettera di Michela Pavesi, zia di Cristina, morta prima di poter discutere la sua tanto sospirata tesi di laurea, ci ha riportato alla dura realtà di chi ha pagato pur essendo davvero innocente.

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