Manca la mensa, spunta l’ex Carive
L’anno accademico al campus scientifico di via Torino inizierà senza mensa, ma Ca’ Foscari ed Esu - l’ente per il diritto allo studio - stanno cercando di correre ai ripari, e di arrivare quanto prima a una soluzione, che però non sarà dietro l’angolo.
Un posto per realizzarla c’è, già individuato, a pochi metri dalla sede del campus, ma il problema ora è entrarne in possesso. Si tratta dell’ex mensa della Cassa di risparmio di Venezia, in via Ticozzi 5, dall’altra parte di via Torino rispetto al campus, e che fino a qualche anno fa garantiva i pasti ai dipendenti della banca. L’immobile, con annesso magazzino - capannone, è stato inserito nella lista di dismissioni del patrimonio del gruppo Intesa San Paolo, di cui fa parte anche Carive, che ne ha affidato la vendita, per un prezzo che si aggira intorno ai due milioni di euro, ad un’agenzia locale.
Nei giorni scorsi il presidente dell’Esu, Giorgio Tana, è andato a vedere la mensa e se ne è innamorato, perché sarebbe il posto ideale, con oltre duecento posti, per dare da mangiare agli studenti del campus scientifico, che per il momento possono contare solo sul bar già esistente nell’edificio dove c’è Informatica, e del nuovo bar con piccola cucina che aprirà la prossima settimana al piano interrato dell’edificio Alfa, la porta d’ingresso del campus.
Oltre che su alcune convenzioni siglate con alcuni bar e ristoranti di viale Ancona, che però non sono proprio a due passi, e sono comunque meno economici rispetto alle mense universitarie. La vera questione ora è dove recuperare i soldi per acquistare la mensa dell’ex Carive. L’Esu si sta muovendo con Ca’ Foscari e la Fondazione di Venezia - la fondazione dell’ex Cassa di risparmio - per cercare di bloccare la vendita e ottenere in affitto la mensa, almeno per il tempo necessario a reperire le risorse necessarie, e magari riuscire a spuntare anche uno sconto. Ha questo obiettivo la lettera che il presidente Tana ha inviato nei giorni scorsi al presidente della Fondazione di Venezia, Giuliano Segre, chiedendogli «un intervento per agevolare la concessione della struttura in locazione rinviando a un secondo momento i progetti di acquisizione e riqualificazione dell’intero complesso immobiliare, che potrebbero vedere interessato l’Esu in un’ottica di riassetto logistico».
La volontà dell’Esu infatti è quella di liberare i palazzi veneziani di sua proprietà, così da racimolare le risorse necessarie per acquistare l’immobile di via Ticozzi, dove poter accorpare tutti gli uffici dell’Ente per il diritto allo studio. È una proposta che dovrà passare al vaglio del Consiglio di amministrazione dell’ente e che deve ottenere il via libera anche dalla Regione - dalla quale l’Esu dipende - ma su cui il presidente sta lavorando da tempo, tanto da aver già chiesto le perizie dei due immobili di cui vorrebbe liberarsi, per raccogliere le risorse necessarie. Si tratta del palazzo di rio Nuovo, a due passi da campo Santa Margherita, dove l’Esu venderebbe la parte che ospita gli uffici, non quella della mensa, e di un palazzo, chiuso da tempo, in via Fratelli Bandiera, ai piedi della rampa di discesa dalla tangenziale, oggetto di vari interventi sempre naufragati, e che oggi per l’Esu rappresenta un costo. L’eventuale accorpamento nei pressi del campus scientifico di via Torino permetterebbe poi di liberare gli uffici che si trovano a palazzo Badoer - dato in uso gratuito dalla Regione, che ne potrebbe disporre diversamente - e a San Tomà, dove gli spazi sono invece concessi gratuitamente dalla stessa Ca’ Foscari. Una riorganizzazione che vedrebbe restare in centro storico solo le residenze, le mense, e una parte marginale degli uffici dell’Ente. Sui pende però la riorganizzazione delle società partecipate a cui sta lavorando la Regione.
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