«Mamma è andato tutto bene» L’ultima telefonata, poi il dramma
IL RACCONTO
«Mamma, è andato tutto bene. I professori sono stati molto contenti. Non torno a casa subito, vado a festeggiare in centro con i miei amici». Una telefonata piena di gioia e di soddisfazione per un risultato tanto rincorso e finalmente raggiunto. Una telefonata che però è stata l’ultima: Marco Coletta a Piove non ci tornerà. Ieri mattina aveva sostenuto gli orali della maturità all’Ipsia “Guglielmo Marconi” di Cavarzere. «Dopo l’esame» racconta un compagno di classe «abbiamo scherzato e fatto qualche battuta. Ci siamo salutati e dopo poco…».
Il sole batte ancora forte sul palazzone giallo di via Contarina, ad Arzerello, anche a pomeriggio inoltrato. L’aria è calda che quasi toglie il respiro. Antonio, il papà di Marco, sta rientrando ora da Chioggia, dall’obitorio dell’ospedale dove si trova la salma del suo amato Marco. «Non me l’hanno», dice visibilmente disorientato, «ancora fatto vedere. Dicono che prima deve intervenire la magistratura».
I Coletta vivono nell’appartamento di Arzerello da poco più di vent’anni. «Quando ci siamo venuti ad abitare» ricorda Antonio «Marco aveva appena tre mesi». Lui da qualche anno è un operaio in una ditta del Veneziano e per una vita ha lavorato come artigiano nei cantieri dei nosocomi, da Piove di Sacco a Chioggia. Insieme alla moglie Loredana hanno cresciuto oltre a Marco, anche Ermes che ora ha 28 anni. «Marco non c’è più, non rivedrò più mio figlio», continua a ripetere a bassa voce come un mantra. «Stamattina presto mi ha salutato», ricorda come per fissare per sempre delle ultime istantanee, «mi ha detto di non preoccuparmi, che sarebbe andato tutto bene. Era così bello ed elegante con la sua camicia».
Marco, che a agosto avrebbe compiuto vent’anni, era stato costretto a perdere un anno. «Due anni fa», continua Antonio, «era stato coinvolto in un grave incidente. Era a bordo di un mezzo guidato da un amico. È rimasto in coma per una decina di giorni, poi la riabilitazione è durata alcuni mesi. Perse l’anno scolastico ma l’ho sempre incoraggiato a diplomarsi perché era un traguardo importante. Mi rassicurava che il diploma l’avrebbe preso, di non temere».
Una vita troppo breve per capacitarsi possa essere spezzata in un attimo. «Era un ragazzo come tutti quelli della sua età», prosegue il padre ripescando nei ricordi, «con tanta voglia di vivere e divertirsi. La passione per le moto, la fidanzatina, i concerti, la famiglia a cui teneva molto».
Non si può morire a vent’anni, continua a ripetere Antonio. Ieri, intorno alle 13, lo hanno chiamato i carabinieri di Cavarzere che gli hanno chiesto di raggiungerli in caserma. «Prima», dice, «sono passato al Pronto soccorso di Piove per accertarmi che mio figlio non fosse là, avevo avuto come un presentimento. Mi sono diretto a Cavarzere e quando ho visto il luogo dell’incidente mi sono subito fermato. I carabinieri, dopo alcuni minuti di silenzio, mi hanno abbracciato». —
ALESSANDRO CESARATO
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