Il professor Gambaro: «Malattie renali, per la diagnosi precoce gli strumenti ci sono»

Il professor Giovanni Gambaro, ordinario di Nefrologia a Verona, sabato 25 gennaio ospite a Scorzè per una tavola rotonda sulla donazione di rene

Massimo Scattolin
Giovanni Gambaro, professore ordinario di Nefrologia all’Università di Verona
Giovanni Gambaro, professore ordinario di Nefrologia all’Università di Verona

«Sono oltre due milioni gli italiani adulti che hanno una malattia renale cronica, ma solo il 10% ne è a conoscenza. Le malattie renali sono infatti generalmente asintomatiche per un lungo tempo e possono evolvere indisturbate fino ai gradi più avanzati, quando le possibilità terapeutiche sono minime. La diagnosi precoce è importantissima e ora anche più necessaria di quanto lo fosse solo 4-5 anni fa in quanto sono ora disponibili nuovi farmaci per la cura delle malattie renali».

 

Giovanni Gambaro, professore ordinario di Nefrologia all’Università di Verona e direttore della Divisione di Nefrologia e Dialisi dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, sarà l’illustre relatore alla tavola rotonda “Donazione di rene tra viventi e non: legislazione attuale, testimonianze di donatori e trapiantati” in programma sabato 25 gennaio alle 9.30 al Consortium di via Roma a Scorzè; iniziativa patrocinata dai Comuni di Scorzè e Noale e promossa da Fnp Cisl pensionati, Anteas, Circolo Acli Scorzè, Apste e Aido.

Al suo fianco, in qualità di relatore, ci sarà Flavia Petrin, la presidente nazionale dell’Aido, l’associazione italiana donatori organi.

La sensibilizzazione all’importanza della donazione viene più che mai ribadita in considerazione del fatto che le liste d’attesa, nel caso di un trapianto di rene da deceduto, si aggirano attorno ai tre anni. Tempi che possono essere abbattuti ricorrendo alla donazione tra vivente, una volta accertata la compatibilità.

Professor Gambaro, alla tavola rotonda promossa dalla Cisl si parlerà di malattia renale e di trapianto. Perché è importante l’informazione e la sensibilizzazione su questi temi?

«Perchè il problema della malattia renale cronica è sottostimato, non c’è una adeguata percezione e le implicazioni sono importanti, per la qualità di vita del paziente e per gli effetti sul Sistema sanitario nazionale».

Al netto delle forme ereditarie, chi rischia maggiormente di contrarre malattie renali croniche?

«Le persone più a rischio sono gli ipertesi, i diabetici, i pazienti con malattie reumatiche, quelli con malattie cardiovascolari, quelli che hanno parenti che hanno malattie renali».

Come si diagnostica la malattia?

«Bastano pochi semplici esami per fare una diagnosi: la creatininemia, un esame del sangue. Poi l’esame delle urine e l’albuminuria, che si fa sempre sulle urine».

Nell’ottica di prevenzione, è importante seguire uno stile di vita adeguato.

«L’alimentazione iperproteica, l’obesità, il fumo, l’assunzione cronica di farmaci per il dolore (Fans) aumentano il rischio».

Laddove la prevenzione o i farmaci non bastino, spesso si arriva alla dialisi e poi all’ultimo step nella cura della malattia: la necessità di un trapianto. Quali sono i vantaggi di un trapianto da vivente rispetto a quello da persona deceduta?

«Sono molteplici. I reni prelevati da donatori viventi tendono ad avere una migliore funzione e qualità rispetto a quelli prelevati da donatori deceduti. Il trapianto da donatore vivente può ridurre notevolmente i tempi di attesa per il ricevente, poiché non è necessario attendere un donatore deceduto compatibile. C’è una migliore programmazione dell'intervento e migliori risultati a lungo termine: per i trapianti di rene, la sopravvivenza del rene a 5 anni può superare il 95% per i donatori viventi, rispetto a circa l'85-90% per i donatori deceduti».

Al termine della tavola rotonda sono previste le toccanti testimonianze di una donatrice di rene a persona sconosciuta, di un trapiantato che ha ricevuto il rene da una persona deceduta e di un marito che ha acconsentito alla donazione degli organi della moglie, morta a 34 anni.

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