Mafioso arrestato alle porte di Chioggia

In manette uno dei fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro. Intercettato nel suo camion diretto al mercato ittico
Di Carlo Mion

CHIOGGIA. Un autotrasportatore siciliano è stato arrestato, alle porte di Chioggia, mentre con il suo autocarro stava per andare a caricare crostacei. È accusato di essere un fiancheggiatore di Matteo Messina Denaro, considerato l’attuale capo dei capi di Cosa Nostra.

Giovanni Loretta, 42 anni di Mazara del Vallo (Trapani) autotrasportatore, è stato bloccato lunedì mattina all’alba dagli agenti della Squadra Mobile di Venezia. L'uomo, ritenuto responsabile di favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa, per aver agevolato la latitanza del boss, si trovava nella notte tra domenica e lunedì scorso, a bordo del proprio camion frigo, avrebbe dovuto effettuare un carico di crostacei a Chioggia. Secondo l'accusa Loretta, che non risulta avere collegamenti criminali in Veneto, avrebbe assicurato le comunicazioni tra esponenti delle cosche mafiose siciliane.

Dalle indagini condotte dagli investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, Giovanni Loretta, assicurava le comunicazioni tra Vito Gondola, allevatore pluripregiudicato, reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo e Vincenzo Giambalvo, allevatore pregiudicato, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Santa Ninfa in provincia di Trapani.

L’operazione ha consentito di individuare, infatti, una rete che si strutturava grazie a riservatissime comunicazioni tra i vari uomini d’onore i quali, al fine di sviare le indagini dirette sulle loro persone, utilizzavano alcuni insospettabili per fissare discreti appuntamenti in isolatissimi luoghi delle campagne tra Salemi, Mazara del Vallo, Santa Ninfa e Partanna.

Con l'operazione “Ermes”, che ha portato all’arresto di 11 favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, si fa «terra bruciata intorno al latitante». Lo ha detto Renato Cortese, capo del Servizio Centrale Operativo della polizia. «Non esistono - ha precisato Cortese - latitanze interminabili, per tutti c'è una fine, è solo questione di tempo e di abnegazione del personale che deve essere pronto a cogliere un eventuale errore da parte sua».

Il sistema di comunicazione fatto di pizzini, tra i boss arrestati, che partivano e tornavano è stato un vero rompicapo, spiega un investigatore. Anche perché Messina Denaro aveva imposto un sistema rigido alla sua rete di comunicazione, questo dicono le intercettazioni. «I pizzini vanno subito distrutti dopo la lettura». E la risposta deve passare attraverso gli stessi «tramiti», entro quindici giorni. Gli inontri in una masseria della campagna di Trapani. Poi, però, per lunghi mesi, non è andato più nessuno alla masseria. Forse, il superlatitante si era fatto prudente. «Oppure, ha lasciato la Sicilia per qualche tempo» ipotizza l’indagine. Forse, anche per un viaggio all'estero. Misteri su misteri. Di certo, c’è solo che non erano solo vecchi mafiosi a costituire la rete del padrino.

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