«Macondo, la nostra utopia in riva al mare»

Elisa e Andrea scommettono per il sesto anno sul chiosco agli Alberoni che offre solo prodotti freschi

LIDO. Non è facile da raggiungere, il chiosco Macondo. All’inizio della diga degli Alberoni, ci si arriva solo a piedi, in bicicletta o in barca.

Davanti c’è nient’altro che spiaggia e mare. Alle spalle l’oasi del Wwf, paradiso verde e incontaminato. Solo in lontananza, con i cantieri del Mose nella bocca di porto, c’è l’uomo e la sua invadenza.

Una “scomodità” immersa nella natura, chi ci va sa cosa trova: lettini per stendersi, un pergolato all’ombra, limonate e frullati fatti sul momento, biscotti sfornati da pasticcerie locali, insalate e pesce fresco.

Guai a chiedere una bibita gassata. Il 25 aprile, per il sesto anno di fila, il Macondo ha riaperto: «Iniziamo la stagione ad aprile e chiudiamo a settembre», spiega Elisa Zanella, «all’inizio è stata dura, ma adesso ogni anno va meglio».

Lei e il marito, Andrea Garbeglio, gestiscono questa piccola utopia in riva al mare. Entrambi lidensi, lui è un “ex bancario pentito” che oggi, oltre al chiosco, ha una tabaccheria a Venezia; Elisa, invece, si è diplomata al liceo psico-pedagogico e poi si è divisa tra un lavoro e l’altro.

Negli anni, il chiosco è diventato un punto di riferimento. Lo dimostra la folla del primo giorno d’apertura, come se fosse una domenica d’estate.

«Arrivano dal Lido, da Pellestrina, da Venezia» spiega Andrea «si è creata una bella comunità di amici, di tutte le età». Oltre ai concerti di musica, quest’anno è in cantiere anche qualche serata di cinema all’aperto. Niente, tra cibi e bevande, è industriale. Solo prodotti freschi. «Come le merende di una volta», precisa Andrea. Così isolato dal resto del Lido, l’unico modo per far arrivare i rifornimenti è dalla spiaggia.

Grazie a una concessione del Comune, due volte al giorno (mattina e sera) una jeep porta i viveri e la spazzatura. C’è anche la vena creativa dei ragazzi, dietro ai colori dei tavolini e del bancone del Macondo.

L’anno scorso, gli studenti dell’artistico, con 28 progetti diversi, hanno ridipinto il pavimento; a maggio prossimo, invece, trasformeranno il legno portato dal mare in sculture. Perché tutti - famiglie con passeggini, cani, lettori solitari o comitive di amici – si sentono parte di questo “incantesimo”.

«È il nome Macondo» dice ancora Elisa «deriva proprio da questa idea: come nel capolavoro di Marquez, cerchiamo di trasmettere la magia di questo posto. Se uno se ne innamora, poi ci torna».

Eugenio Pendolini

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