«M9, progetto nato già vecchio Dobbiamo pensare a un piano B»

Riccardo Calimani, consigliere della Fondazione di Venezia, esce allo scoperto: «Ci vorrebbe un museo che solo a Mestre si possa vedere, per attirare visitatori e reggere dal punto di vista economico»
Di Alberto Vitucci

«Per l’M9 è ora di pensare a un piano B. Mestre ha diritto di avere un museo degno di questo nome, ma quel progetto non va bene, non è adatto ai tempi. Conviene fermarsi, prima di andare a sbattere e compromettere il patrimonio della Fondazione».

Riccardo Calimani, storico e scrittore, è dal 2010 membro del Consiglio generale della Fondazione di Venezia. Adesso rompe un lungo silenzio e interviene duramente per tirare il freno sul progetto M9.

Se ne parla da anni, e i lavori sono stati avviati. Li finanzia Polymnia, società della Fondazione di Venezia con un impegno di spesa di 120 milioni di euro. Tutto in discesa, consenso unanime. Finché al vertice della Fondazione è arrivato dopo un quarto di secolo il cambio del presidente. Giuliano Segre, 76enne banchiere di fede socialista, ha lasciato dopo quasi 25 anni di regno incontrastato. Trenta se si calcola anche il periodo passato a capo della Cassa di Risparmio, alla fine degli anni Ottanta. Al suo posto il Consiglio ha nominato Giampietro Brunello, 75 anni, commercialista e revisore dei conti della stessa società. E qualcosa si è rotto. Tanto che poche settimane fa il Consiglio di amministrazione ha deciso di non rinnovare l’incarico a Plinio Danieli, anch’egli pilastro socialista degli anni Ottanta, immobiliarisita mestrino e “mente” del progetto M9. Con Danieli, sostenuto dai fedelissimi di Segre, il direttore della Fondazione Fabio Achilli e l’editore Cesare De Michelis.

Cosa sta succedendo? Calimani scandisce bene le parole. «Da molti anni ripeto inascoltato in Consiglio la mia opinione», attacca, «cioè che questo progetto non va bene. È nato vecchio, perché mai uno dovrebbe andare a Mestre a vedere un museo virtuale del Novecento che potrebbe vedere da casa quando ha Venezia a un tiro di schioppo, con migliaia di opere d’arte, centinaia di chiese, musei ovunque?»

Dunque niente museo a Mestre? «No, non dico questo. La città ha diritto ad avere una struttura di primo livello. Ma allora bisogna farsi venire un’idea. Un esempio? Beh, un museo della Scienza e della Tecnica, tipo La Villette a Parigi, una cosa che solo a Mestre si possa vedere, che richiami visitatori da tutto il Nord Italia. Solo così il progetto può reggere dal punto di vista economico».

Ma come si fa a cambiare adesso, a progetto ormai in stato avanzato? «È vero che il treno è in corsa», dice Calimani, «ma abbiamo il dovere di sviluppare un progetto diverso. Ripeto, così non si va da nessuna parte».

Dietro la diversità di vedute si nasconde anche una frattura fra le anime del Consiglio. Emersa dopo l’addio di Segre, che aveva voluto egli stesso Brunello come suo successore. Il consiglio generale, composto da 14 persone, veniva nominato dal presidente. Che dunque ha ancora un buon consenso. Tra i nominati, il vicepresidente Tonci Foscari, Giorgio Baldo, Vasco, Boatto, Alessandra Carini, Franco Gallo, Giorgio Piazza, Paolo Rubini, Franco Reviglio, Maria Luisa Semi, Giovanni Toniolo, Calimani e i rettori di Ca’ Foscari Michele Bugliesi e di Iuav Alberto Ferlenga. Più ristretto il Cda. Anche questo presieduto da Brunello, composto dal vicepresidente Cesare Mirabelli e dai consiglieri Massimo Lanza, Maria Leddi e dall’ex rettore Iuav Amerigo Restucci, a cui è stato affidato il nuovo incarico di supervisione dei progetti sulla terraferma. Progetti che sono in gran parte concentrati sull’area dell’M9, nel centro della città. E adesso tornano in discussione.

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