M9 e la visita con Sauerbruch «Dialogo aperto con la città»
MESTRE. È dalla piccola terrazza al secondo piano del museo che si coglie il senso della scelta di Matthias Sauerbruch: i colori dei tetti e dei palazzi di Mestre sono infatti ripresi nelle oltre 20 mila piastrelle in ceramica con le quali l’architetto berlinese ha deciso di ricoprire il museo del Novecento marcandone così la presenza nel contesto urbano. L’M9 ieri ha aperto le sue porte per un tour nel cantiere, ormai prossimo alla chiusura.
Il primo dicembre aprirà il museo, i due piani della mostra permanente e il terzo dedicato alle mostre temporanee, già a ottobre apriranno l’ex convento e il chiostro: la parte commerciale del progetto di riqualificazione nel cuore di Mestre. È stato proprio Sauerbruch, giovedì mattina, a fare da guida tra i cantieri del Museo, insieme all’amministratore delegato di Polymnia, Valerio Zingarelli e del presidente della Fondazione di Venezia, Giampietro Brunello, che sul Museo ha investito oltre centodieci milioni di euro affidando il cantiere alla Maltauro per la quale c’era l’ad Gianfranco Simonetto. L’ex convento, destinato agli spazi commerciali, è ormai concluso.
Sauerbruch ricorda il suo primo ingresso nell’edificio, otto anni fa: «Entrammo con un falconiere perché gli unici abitanti di questo spazio erano i piccioni». Ora è un luogo che tra pochi mesi aprirà in modo definitivo alla città, attraversato da una linea diagonale immaginaria che, da via Brenta Vecchia, mette in relazione tra di loro gli edifici, attraversando quella che sarà la piazzetta dell’albero: dall’ex convento delle Grazie (poi distretto militare), il nuovo edificio che ospita il museo, il blocco dell’ex cavallerizze.
Un intervento capace di essere indipendente dal punto di vista energetico d’inverno, al 50% d’estate (a causa del consumo di aria condizionata), pronto per la certificazione Leed, secondo edificio in Italia dopo il Museo delle Scienze di Trento, di cui M9 potrebbe avere la stessa capacità di rigenerazione, anche se certo con spazi minori rispetto a Trento dove Renzo Piano ha messo la firma sulla rinascita di un’area abbandonata dopo la dismissione della fabbrica Michelin. L’M9 è inserito in un contesto radicalmente diverso - il centro di Mestre - e l’obiettivo di riqualificazione dell’area, per dirla con le parole di Sauerbruch, è quello di «re-inventare spazi per la coesione sociale, con un mix di offerta culturale, didattica e commerciale».
Spazi che si potranno frequentare senza per forza entrare nel museo, in una rete di percorsi pedonali tra via Brenta Vecchia, via Poerio e, molto probabilmente anche Corte Legrenzi con la quale dovrebbe essere aperto un accesso diretto. «L’idea chiave è quella di mettere in collegamento spazi diversi della città», dice l’architetto berlinese che frequenta Mestre dal 2010, quando vinse il concorso internazionale per la realizzazione del Museo in una città di cui spiega di essersi ormai innamorato, con quello sguardo tipico di chi, arrivando da fuori, è spesso capace di vederci meglio.
I materiali usati mutano lungo il percorso. Legno, vetro e acciaio nell’ex convento, dove alcuni solai e alcune travi sono state recuperate. Una centrifuga di innovazione ed elementi tradizionali. Sotto la piazzetta del chiostro - che molti mestrini hanno già visitato - una grande cisterna che raccoglie l’acqua piovana che va infilarsi nei tubi che sorreggono il «grande ombrello» - così lo definisce Sauerbruch - la struttura che copre la corte proteggendola dalla pioggia d’inverno e garantendo la ventilazione d’estate. Il Novecento architettonico nell’edificio del museo è fatto invece del contrasto tra cemento armato e piastrelle colorate.
Al piano terra, dove ci saranno l’accoglienza, un bar ristorante e una mediateca e un’area relax, si incunea nel pavimento l’auditorium da 190 posti, che potrà essere usato anche come cinema 4k, con e visori Vr per la realtà aumentata. Al primo e al secondo piano è già in fase di allestimento la parte permanente della mostra. «Ritratto di gruppo degli italiani», si legge sopra un’immagine di una coppia in abiti dell’Ottocento. Un percorso tra decine di installazioni tra otto punti: società, consumi e stili di vita, scienze e tecnologie, economia, città e paesaggio, politica, cultura e media, identità. Due piani chiusi, con sola illuminazione artificiale, che portano al terzo, con grandi finestre sul tetto, e una veduta sui tetti di Mestre.
E’ la parte del museo che sarà destinata alla mostre temporanee a partire, sempre dal primo dicembre, con l’Italia raccontata dai fotografi. Dal primo ottobre iniziano le visite su prenotazione: servono, prima che apra il museo, per verificare che tutto funzioni. Poi dal 1 dicembre si fa sul serio: l’obiettivo del 2019 è raggiungere i 200 mila visitatori coinvolgendo, come spiega Brunello, «i residenti dell’area metropolitana allargata a Venezia e Padova e ovviamente i turisti». Accordi in corso con l’Autorità portuale, per cercare di portare a Mestre anche i croceristi. Nell’arco di un paio di mesi si conoscerà anche il nome del direttore, che verrà scelto con una chiamata internazionale, percorso individuato poche settimane fa dalla Fondazione di Venezia.
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