L’urlo dei musulmani in stazione «L’Islam è pace, l’Is è il cancro»
Ogni tanto Hajar Tanji, portavoce dei giovani musulmani del Veneto, indossa il velo. Quando capita il peso crescente dell’islamofobia si fa sentire. Non è infatti raro che qualcuno passando le dica “Buttati sotto un treno” o esprima altre pesanti frasi che arrivano come invisibili pugnalate. Lo stesso è accaduto di recente al miranese Amed Sadauk quando, mentre si trovava in un supermercato, una persona gli ha detto «Mi fai schifo», lasciandolo pietrificato. Peggio ancora è accaduto a un bambino di 12 anni di Mestre, quando la professoressa gli ha chiesto davanti ai compagni se era o no dalla parte dell’Is, negando poi di averlo fatto al padre, andato a scuola per chiedere spiegazioni. Sono questi solo alcuni degli episodi che colpiscono continuamente la quotidianità di molti musulmani che si dissociano da ogni forma di violenza, ribadendo che per il Corano «chi uccide un uomo, uccide l’umanità».
Ieri pomeriggio un centinaio di musulmani veneti (il numero massimo che la Questura aveva chiesto), donne e uomini di tutte le età, hanno manifestato in stazione contro il terrorismo e, in particolare i marocchini, contro il Fronte Polisario a favore dell’attuale re Muhammad VI. I manifestanti avevano dei grandi cartelloni con scritto: «Sono musulmano, non sono terrorista, né bastardo», «Islam = Pace», «Uniti per sconfiggere il terrorismo» o «Isis è un cancro da sconfiggere». Dopo aver cantato l’inno marocchino, la manifestazione si è aperta con il primo verso del Corano, la sura al-Fatiha, dedicata alle vittime del terrorismo. «Un pensiero di solidarietà a tutte le persone che hanno perso la vita negli attacchi», ha detto Bouchaib Tanji, presidente delle Federazione Islamica del Veneto, «e alla famiglia di Valeria Solesin. Vogliamo mostrare la nostra faccia per dire che siamo contrari a qualsiasi azione violenta e che l’Is non ha niente a che fare con l’Islam. È questo che vogliamo insegnare ai nostri figli perché è solo attraverso l’educazione che riusciremo a sconfiggere il terrorismo».
Mentre il portavoce parlava, le persone alzavano i cartelloni. C’erano donne con bambini, uomini vestiti con abiti occidentali e altri con abiti tradizionali. «No al terrorismo, no al sangue e no agli atti barbarici», ha aggiunto nel secondo intervento Mohamed Amin Al Ahdab, presidente della comunità islamica di Venezia. «Siamo solidali al popolo del Belgio, alla libertà e alle leggi dell’Europa perché non dimentichiamo che l’Europa ci ha dato la possibilità di studiare, di un lavoro e servizi come la sanità e non vogliamo mettere la testa sotto la sabbia, ma dire che siamo tutti nella stessa barca e che quando l’Is attacca qualcuno, è come se avesse attaccato anche noi». Per Al Ahdab l’intelligence europea dovrebbe intervenire contro lo stato fantoccio dell’Is e non lasciare tutto in mano agli americani e ai russi.
Seguono interventi del presidente del Festival italo marocchino Abdullah Khezraij e del portavoce della comunità islamica di Spinea, Milad Mokhtari, per poi lasciare spazio a due donne che leggono un discorso contro il Fronte Polisaro, scatenando cori a favore del Marocco. «Vorremmo», ha detto Riccardo Amatulli, 19 anni, originario macedone ma nato in Italia e miranese a tutti gli effetti, «che da parte delle persone non musulmane ci fosse un po’ più di comprensione. Io l’ho vissuto a scuola quando mi facevano delle battute dicendomi terrorista... sono parole dette per scherzo, ma sotto sotto feriscono chi se le sente scaricare addosso. Vedo anche molto pregiudizio nel lavoro, quando sanno che sei musulmano, se possono prendere uno che non è di questa religione lo fanno».
Tra i manifestanti alcune donne con la carrozzina, molti bambini e una simpatica ragazzina sui rollerblade che si avvicina al microfono. Grida tre parole secche: «No al terrorismo! No al terrorismo! No al terrorismo!».
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