L’Uomo Vitruviano, il Leonardo conteso: il Louvre lo vuole, ma non si potrebbe spostare da Venezia

Il gioiello delle Gallerie dell'Accademia "desiderato" in prestito: il ministero preme, nonostante l'ultimo no del Mibac

VENEZIa. Doveva rimanere un segreto, ma un documento svela invece la trattativa in corso per tentare di spostare l’Uomo Vitruviano di Leonardo dalle Gallerie dell’Accademia al Museo Louvre di Parigi. L’opera, risalente al 1490, è uno dei gioielli più preziosi del patrimonio artistico internazionale e uno dei simboli dell’Italia nel mondo, ma soprattutto è una delle 17 opere che costituiscono il fondo delle Gallerie e che quindi non potrebbero essere spostate all’estero. Il disegno è così delicato che può essere esposto solo per qualche mese ogni cinque anni circa. Nel periodo di pausa è custodito al buio in un caveau le cui chiavi sono tenute nascoste.

A pochi giorni dall’inaugurazione della mostra alle Gallerie dell’Accademia, realizzata per celebrare i 500 anni dalla morte del genio rinascimentale, l’Uomo Vitruviano fa già sentire la sua potenza dal deposito blindato. Sembra infatti che la Francia, dopo aver chiesto l’opera lo scorso ottobre e aver ricevuto dalle Gallerie dell’Accademia un gentile no, ci stia riprovando. Addirittura il presidente stesso, Emmanuel Macron, si sarebbe mosso pur di avere il disegno più famoso di Leonardo, morto in Francia, per la mostra che si terrà al Louvre in autunno.

Il Mibac, nelle persone del ministro Alberto Bonisoli e di Giovanni Panebianco, segretario generale e direttore per avocazione delle Gallerie dell’Accademia, smentisce, ma spunta una mail datata lo scorso 7 marzo, inviata proprio da Panebianco, che dimostra il contrario.

Il giallo che sta emergendo è degno di un romanzo. I protagonisti sono Leonardo da Vinci (1452-1519); il suo emozionante disegno che raffigura l’equilibrio tra uomo, terra e cielo; il ministero dei Beni culturali; le due grandi città d’arte Venezia e Roma, e i vicini francesi che gradirebbero l’opera, simbolo del genio rinascimentale.

Facciamo un passo indietro. Lo scorso anno, quando la direttrice delle Gallerie dell’Accademia era ancora la sovrintendente Paola Marini, Parigi chiede all’Italia alcune opere di Leonardo per la mostra francese in suo onore, incluso l’Uomo Vitruviano. Le Gallerie rispondono che avrebbero potuto dare solo sei disegni, ma non l’Uomo Vitruviano perché parte delle 17 opere considerate “blindate”. La questione sembra essere così risolta. Da allora passano i mesi, si insedia il nuovo governo gialloverde, la Marini va in pensione e viene nominato direttore per avocazione Giovanni Panebianco.

Il caso si riapre. In un articolo del Sole 24 Ore dello scorso 6 dicembre, a firma di Antonello Cherchi, si ricomincia infatti a parlare del Da Vinci conteso. Nell’articolo si spiega che la Francia, in un carteggio di 1200 mail con il Mibac all’epoca del ministro Dario Franceschini, aveva chiesto all’Italia 28 opere, incluso il celebre disegno. La richiesta non era ufficiale e prevedeva uno scambio di opere (Leonardo alla Francia e Raffello all’Italia). L’articolo si conclude dicendo che, con il nuovo governo, era arrivato lo stop all’operazione.

È da ricordare che nei mesi scorsi tra Italia e Francia i rapporti non sono tra i migliori. Potrebbe l’Uomo Vitruviano riappacificare gli animi? In teoria la storia è chiusa, ma se ne continua a parlare. Tra Venezia e Roma non smette di girare la voce che la trattativa sull’opera c’è.

Il Mibac prima di tutto boccia il presunto accordo di Franceschini e lo definisce privo di qualsiasi valore perché non c’è nulla di scritto. Per quanto riguarda la ripresa dei contatti con la Francia, il Ministero, a precisa domanda, smentisce nella maniera più assoluta, dicendo che «non c’è proprio nulla e che non c’è mai stata nessuna richiesta informale o ufficiale da parte di Macron a Bonisoli». Il Mibac specifica anche che il ministro Bonisoli e Macron non si sono mai incontrati e che non c’è stata nessuna richiesta dell’Uomo Vitruviano. Si smentisce anche che siano arrivate richieste, in generale, per l’Uomo Vitruviano. Non è arrivato nulla né dalla Francia, né da qualsiasi altro ente, né sono state avanzate richieste a Panebianco. Secondo il Mibac, se Panebianco avesse avuto qualche richiesta, l’avrebbe comunicato al ministro dato che fa parte dello staff. Nel qual caso le richieste sarebbero state valutate, «ma non ce ne sono proprio state». Paola Marini non risponde al telefono né al messaggio in cui le si chiede di parlare delle presunte voci sulla richiesta di prestito del capolavoro di Leonardo.

Non si spiega, quindi, il perché di un documento datato 7 marzo 2019 in cui Panebianco invia una mail a Roberta Battaglia, funzionaria delle Gallerie dell’Accademia, e per conoscenza ai funzionari Paola Marini, Marco Ricci e Marco Sanzari, con scritto: «Ritengo che il Museo possa valutare la riapertura della questione, ai fini di un eventuale prestito dell’Uomo Vitruviano. Desidero acquisire elementi tecnici utili a tale ipotesi di prestito, con la massima urgenza. Per il tratto a venire ogni corrispondenza su questo argomento dovrà essermi tempestivamente segnalata e in eventuali riscontri da parte del personale del Museo desidero essere messo in copia. Grazie».

Come si spiega questo documento con le smentite del Mibac? È possibile che i funzionari stessero comunicando senza aver riferito nulla a Bonisoli? E a chi si vorrebbe riprovare a prestare l’Uomo Vitruviano?

Che le voci sul presunto prestito girino tra Venezia e Roma sembra trovare conferma in più voci, ma per ora la verità è avvolta dal mistero. La deputata M5S Orietta Vanin si oppone a qualsiasi prestito dell’Uomo Vitruviano: «Ho sentito che gira voce che si vorrebbe considerare l’ipotesi di prestare l’Uomo Vitruviano, ma se fosse così mi opporrei decisamente e totalmente a questa scelta», afferma, «L’opera non si può spostare dalle Gallerie dell’Accademia e lì deve rimanere, come già confermato dal comitato scientifico».

E così pur di avere l’Uomo Vitruviano si rischia di mettere a repentaglio equilibri delicati. Non quello tra uomo, cielo e terra del disegno, ma quello politico nazionale e internazionale.—


 

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