Lunedì mattina i funerali di Roberto Tramontin, il più famoso degli squerarioli

VENEZIA. La città ha abbracciato la famiglia Tramontin nel giorno dell'addio a Roberto, lo squerariol più famoso di Venezia.

Nella Chiesa dei Carmini è stato celebrato lunedì mattina il funerale, alla presenza di tantissime persone, inclusa la vice sindaco Luciana Colle e il mondo degli artigiani e dei gondolieri. Dopo la messa la bara è stata portata in gondola davanti al suo squero dove è stato svolto l'alzaremi, in segno di onore e affetto a un uomo che ha controibuito alla storia di Venezia.

Era l’ultimo erede di una storica famiglia di squerarioli. Famosa per aver costruito «le più belle gondole del mondo». Roberto Tramontin se n’è andato in silenzio a 64 anni. Il suo fisico potente non ha resistito a una malattia che lo aveva colpito qualche mese fa. Lascia la moglie e due figlie. E un vuoto forse incolmabile nella sapienza artigiana della città.

Roberto Tramontin era l’orgoglioso erede di una dinastia fondata dal bisnonno Domenico. La «Premiata ditta Tramontin e figli» venne fondata il 2 febbraio del 1884 nello squero degli Ognissanti, a due passi dalle Zattere e dall’ospedale Giustinian. In 135 anni di storia, la famiglia Tramontin ha costruito qualcosa come 3500 gondole. Non gondole qualunque. «Sono le più belle del mondo», diceva.

Un’arte antica, tramandata di padre in figlio. Domenico e il figlio Giovanni, poi Nedis e infine Roberto. Che proprio dal padre aveva imparato i segreti della costruzione. Niente di scritto. Saggezza antica che adatta il legno del Cadore all’acqua della laguna. Modella la barca sul peso del gondoliere, la rende leggera e resistente, asimmetrica per essere vogata da un solo gondoliere. Non ci sono metri nello squero Tramontin. Rimasto quasi uguale a com’era nel secolo scorso.

Le misure si fanno in «piede veneto» e once. Gli otto tipi di legno necessari per costruire la gondola (rovere, abete, ciliegio, larice, tiglio, noce, mogano e olmo) fanno bella mostra di sè nello squero, in parte lasciati maturare sotto le tettoie, alcuni già montati sul «cantiere», lo stampo in legno dove viene modellata la gondola. Creature uniche. «Ferrari dell’acqua» che si fanno ammirare anche dai non addetti ai lavori. Le gondole di Tramontin hanno ospitato re, papi e presidenti in tutto il secolo scorso. Lo squero degli Ognissanti è diventato negli anni un luogo di cultura, con serate passate a scoprire i segreti della costruzione. E poi il disnar, la ganzega. La gioia del battesimo di una nuova imbarcazione. Fatto ormai raro. «Negli anni d’oro», ci aveva raccontato Roberto il 25 gennaio del 2014, durante la festa per il 130esimo anniversario della fondazione, « se ne costruivano tre al mese. Nel 1921 mio nonno riuscì a completarne sette in soli 21 giorni. Dovevano partire per l’America, commissionate da un miliardario di Miami».
Carattere burbero, uomo generoso e buono, Roberto era felice quando poteva illustrare alle persone i dettagli del suo cantiere. Citava spesso il padre Nedis, mitica figura di squerariol che ha costruito gondole fino a dopo gli 80 anni: «Tornate all’antico e scoprirete la modernità». Inorridiva quando gli mostravano i progetti delle gondole e delle paline di plastica. Per questo aveva inventato una speciale vernice, non tossica, che proteggeva le paline in legno dall’aggressione dell’acqua salata.
Roberto era uno degli ultimi depositari dell’arte di far gondola. L’aveva insegnata a qualche giovane allievo che faceva pratica nel suo cantiere. Ultimo il maestro d’aseia Matteo Tamassia, che lo ha aiutato a costruire le ultime gondole. Il testimone passa a lui. Per tenere viva una tradizione che agli Ognissanti ha fatto grande Venezia. Sfornando gondole di altissima qualità. «Le più belle del mondo». Ciao Roberto. —
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