L'ultimo Natale

Tutta la tenerezza di un figlio in una cioccolata al bar con l'anziana madre

Mia madre sale contenta in macchina come un bambino che va in gita, fermo l’auto a fare rifornimento: "Non potevi farlo prima?", "Ma è un attimo", "Uffa!!", sbotta lei gonfiando le guancie e soffiando.

Sono stanco,non ho voglia di macinare chilometri e mi dirigo verso il centro. "Non dovevamo andare a Castrocaro!?!", fa lei. Tutto cio’ mi fa sorridere, mi conforta il fatto che sia ancora vigile nonostante la malattia senile che la sta spegnendo. "Ma certo", incalzo io, "anche perché cosa dobbiamo fare a Castrocaro?". "Non  lo so,a fare un giro…". "Si, ma soprattutto, cara mammina adorata dobbiamo consumare la cioccolata!!". "Bravo èèhhè, ma l’ho sempre detto io che eri intelligente!!magari anche a scuola non capivi subito ma poi…!".

Riesce sempre a farmi sorridere mia madre, rincaro la dose: "Dove porterò la mia mammina adorata?". La risposta non arriva,ora è in un mondo tutto suo, ci affiancano le colline innevate impreziosite  da alberi di natale  e di addobbi luminosi,mentre lei ancora nel suo mondo indica vagamente quelli che gli piacciono di piu’.Insisto, le scuoto una gamba e ripeto: "Dove porterò la mia mammina adorata?A prendere la ……."Cioccolata", risponde finalmente. Contento, le avvicino la guancia: "Bacino?". E lei appoggia impalpabilmente e in maniera svogliata la le labbra sul mio viso come i neonati che non sanno ancora cos’è un bacio .

Scesi dall’auto siamo preda di un vento gelido,"Torniamo a casa", dice subito  lei, "ho freddo".  "Ma dai mamma il bar è qui vicino e poi il dottore  ha detto che ti fa bene  camminare!".

Dopo pochi metri ci riprova ancora: "Torniamo a casa ho freddo e il babbo ci aspetta",allora l’abbraccio in maniera  forte ma dolce, per fortuna il piumino ammorbidisce le spigolosità della sua magrezza e le sussurro all’orecchio: "Io vorrei prendere la cioccolata, ma non lo farò senza la mia mammina adorata!!". "Vabbè. allora andiamo", mi concede lei.Appena entrati la faccio sedere e mi dirigo al bancone tirato a lucido, lussuoso in marmo di carrara perimetralmente difeso da un cordolo dorato in ottone,lo conosco bene perché è lo stesso da 40 anni,da quando io mi ci aggrappavo per tirarmi su e vedere cosa c’era al di là dello stesso e mia mamma per educazione non me lo permetteva. Ora dall’alto del mio metro e novanta non ho piu’ bisogno di aggrapparmi,anche se non so cosa darei per tornare anche se per poco quel bambino che cercava di vedere al di là del bancone,sollevarmi con la forza delle mie braccia verso l’alto per poi lasciarmi cadere all’indietro dolcemente senza timore perché c’è lei che mi accoglie….torno al tavolo dopo aver sbirciato i giornali,mia madre non ha ancora finito la cioccolata calda con panna,la centellina cucchiaino dopo cucchiaino. "Dai non hai ancora finito", "Che  fretta c’è" mi fa con quel sorriso da bambina impunita,il cameriere ha osservato tutto e sghignazzando mi fa "Non si preoccupi signore chiudiamo a mezzanotte".Rincasando arriva l’oscurita, i colori del tramonto  giocano con le luminarie del piccolo centro medievale, passiamo davanti alla casa protetta che ospiterà mia madre l’anno prossimo,questo per noi sarà l’ultimo natale insieme ….a casa nostra.

 

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