Lucia Manca è stata soffocata? Non c’è la prova

Consegnata la perizia: il cadavere trovato dopo troppo tempo, i medici legali non accertano la causa del decesso. Si alleggerisce la posizione di Dekleva
Il messaggio è pronto per l'invio con i seguenti file o collegamenti allegati: Manca A.M.L..jpg Nota: per proteggere il computer dai virus, le applicazioni di posta elettronica impediscono l'invio o la ricezione di alcuni tipi di allegati. Per determinare la modalità di gestione degli allegati, controllare le impostazioni di protezione della posta elettronica. - Maria Lucia Assunta Manca, 52 anni, e' scomparsa da Marcon da 6 giorni Indagini a tutto campo
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Hanno rispettato i tempi, dopo che avevano chiesto la proroga. I tre periti nominati dal giudice veneziano per stabilire le cause della morte di Lucia Manca, ieri hanno depositato le loro conclusioni: in ottanta pagine spiegano che, a causa del gravissimo deterioramento del corpo, non è possibile stabilire che cosa ha ucciso la bancaria di Marcon. Gli odontoiatri forensi milanesi Cristina Cattaneo e Danilo De Angelis e il medico legale veneziano Valentina Meneghini hanno depositato, dopo sei mesi, la perizia presso la cancelleria dell’ufficio del giudice dell’udienza preliminare Michele Medici, davanti al quale il prossimo 7 novembre esporranno le conclusioni alle quali sono giunti. In realtà il giudice Medici è già stato trasferito alla Corte d’appello di Venezia, ma verrà applicato nel suo vecchio incarico soltanto per portare a termine questo procedimento.

A chiedere e ottenere la perizia per rinnovare l’autopsia sui resti del cadavere di Lucia Manca ritrovati sotto l’autostrada a Cogollo del Cengio, in provincia di Vicenza, era stata la difesa del marito, Renzo Dekleva, che è in carcere da nove mesi con l’accusa di omicidio volontario e soppressione di cadavere. Una richiesta accolta dal giudice Medici anche perché la stessa consulenza fatta per il pubblico ministero Francesca Crupi non dava certezze sulle cause della morte, ma avanzava un’ipotesi. Il medico legale vicentino Andrea Galassi, infatti, aveva segnalato che sui denti ritrovati con quei poveri resti ci sarebbero state della rigature rosa, segni provocati normalmente come conseguenza del soffocamento, di un’asfisia provocata da un atto violento.

I tre periti ridimensionano innanzitutto la presenza di ombre rosa e comunque sostengono che non necessariamente sono conseguenza di un soffocamento o di un’asfisia. Segnalano, invece, la presenza di una lesione alla vertebra del collo, senza però poter dire se sia stata provocata prima o dopo il decesso e, comunque, lesione che potrebbe essere stata provocata anche nel momento in cui il corpo è stato sistemato nel bagagliaio della macchina che da Mestre l’ha trasportato fino a Cogollo del Cengio. Presumibilmente per farlo stare nello spazio ristretto, la testa sarebbe stata ripiegata.

I risultati della perizia, quindi, danno una mano alla tesi della difesa o, meglio, non confermano quelle dell’accusa, che ha sempre sostenuto che il marito abbia soffocato la donna, l’abbia trasportata in quel luogo isolato e abbia nascosto il cadavere. Ma prima che qualcuno si accorgesse di quel corpo sono trascorsi esattamente tre mesi e in quei novanta giorni sono rimaste soltanto ossa e qualche resto di indumento. Comunque gli investigatori dell’Arma di Mestre hanno raccolto prove schiaccianti sul fatto che la notte tra il 6 e il 7 luglio (il momento della scomparsa della donna), Dekleva ha attivato la cellula di Rubano con il suo telefonino, mentre passava lungo l’autostrada verso Vicenza, e hanno rintracciato il ticket di uscita dall’autostrada all’altezza di Cogollo con le sue impronte. Prove schiaccianti per dimostrare che quella notte Dekleva era là, ma senza avere la certezza sulla causa della morte della moglie che presumibilmente trasportava, non sarà facile dimostrare che è stata assassinata.

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