«Lovisetto aveva sempre due coltelli»
SAN DONÀ. «Lovisetto aveva sempre in auto due coltelli, uno a serramanico e uno normale. Gli servivano per tagliare la droga». Lo ha detto ieri Alessandro Duse, pentito che ha più volte collaborato con gli inquirenti in varie inchieste e attualmente si trova in carcere, citato come testimone dalla difesa nell’ambito del processo per omicidio di cui è accusato l’ex boss del Veneto Orientale Silvano Maritan. Uno dei due coltelli di cui ha riferito Duse di fronte alla Corte d’Assise potrebbe essere stato quello con cui, il 13 novembre 2016, Maritan ha ucciso Lovisetto. Al teste è stata mostrata la foto dell’arma del delitto e lui ha confermato che gli pareva proprio uno dei due coltelli che Lovisetto aveva sempre con sé. L’unico dubbio era sul colore del manico, visto che nelle occasioni in cui Duse aveva visto il coltello di Lovisetto, era sempre buio. «Con Lovisetto ci conosciamo perché ci drogavamo assieme, questo è continuato fino al 2016 quando sono andato in carcere», ha riferito Duse che ha confermato invece come, per quanto lui ne sappia, Lovisetto non avesse contatti con Maritan.
Citato dall’avocato Giovanni Gentilini che difende l’ex boss, anche un carabiniere tra quelli che avevano fermato quella sera Maritan: «Era ferito, ci disse che era caduto e si era fatto male su una piastrella». In aula ieri pure il compagno della figlia di Maritan che ha raccontato come, la sera del delitto, assieme alla compagna e alla figlia di lei si dovesse vedere con Maritan in centro a San Donà per andare a cena. «All’altezza del ponte che collega San Donà a Musile ho visto un’auto dei carabinieri ferma con Maritan, il quale ripeteva a voce alta: “Sono stato aggredito”. I carabinieri mi hanno chiesto di andare a cercare gli occhiali che Silvano aveva perso (durante la colluttazione con Lovisetto sfociata nel delitto, ndr). Ma nella Galleria non c’erano».
Ritornando verso la pattuglia, il teste ha riferito di aver incrociato prima un uomo che gli ha consegnato gli occhiali, poi due ventenni. «Mi hanno fermato quasi chiudendomi la strada, mi hanno detto di aver visto Lovisetto gridare “Infame” all’indirizzo di Maritan, poi il vecio (Silvano, ndr) era stato preso a calci e pugni ed era finito a terra, riuscendo a prendere il coltello di Lovisetto e muovendolo in aria. Poi era finita male...». Alla domanda del pm Zorzi sul perché non avesse chiesto ai due un recapito per avere maggiori informazioni in seguito: «Il mio pensiero in quel momento era per la mia compagna e la piccola».
Poi i militari avevano portato Maritan in pronto soccorso per curare la ferita alla mano. «Eravamo divisi da una porta a vetri», ha riferito il compagno della figlia, «Mentre lo stavano medicando, abbiamo sentito il suo urlo: “Consuelo (la figlia, ndr), mi arrestano, mi arrestano!”».
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