L'Osservatore Romano stronca il Padiglione Italia di Sgarbi

L'Osservatore Romano stronca l'allestimento del Padiglione Italia alla 54ª Biennale, curato da Vittorio Sgabri sul tema "L'arte non è cosa nostra" definito "Fallimento di un'idea progettuale che, sulla carta, era geniale".
VENEZIA. "Fallimento di un'idea progettuale che, sulla carta, era geniale".


L'
Osservatore Romano
pubblica una vera e propria stroncatura, nell'edizione di domani, dell'allestimento del Padiglione Italia alla 54ª Biennale di Venezia, curato da Vittorio Sgabri sul tema "L'arte non è cosa nostra".


"Una grande, generosa idea - la definisce il giornale vaticano - che si proponeva di restituire dignità e identità ai tanti artisti italiani che, pur ricchi di talento, non riescono a districarsi tra i complicati meccanismi del sistema dell'arte".


Ma, chiede l'
Osservatore Romano
, queste cose "come potranno mai cambiare se nell'esposizione più ambita del mondo non è possibile collegare l'autore alla propria opera?".


L'autore dell'articolo, Sandro Barbagallo, dice che stenta a credere che Sgarbi "possa approvare l'impatto percettivo creato da quei tubi innocenti che duellano con opere di tutte le dimensioni".


"Anche le migliori intenzioni, le stesse con cui è lastricata la strada per l'inferno - commenta -, possono malamente scivolare in una
mise en espace
lacero-confusa. Forse per un eccesso di imbucati, di ripescati dell'ultima ora, forse per una totale mancanza di chiarezza sui generi. Forse, ancora, per l'assenza di un progetto critico che permetta almeno di distinguere l'artista dal suo segnalatore".


Anche l'idea di chiedere a un certo numero di intellettuali italiani di invitare il loro artista preferito "si è rivelata un flop".


Inoltre, "nelle intenzioni di Sgarbi il visitatore avrebbe dovuto scoprire l'arte che si è prodotta in Italia dopo l'anno 2000 e magari ricordare qualche maestro dimenticato": "ma come notare questi artisti se di loro non si leggono nemmeno i nomi? - chiede ancora l'
Osservatore Romano
- Infatti ai piedi di ogni colonna di opere, montate una sull'altra fino a otto metri d'altezza, si inciampa in cassette da imballo su cui sono impressi i nomi abbinati dell'artista e del suo segnalatore".


"Un «cattivo servizio - lo definisce il quotidiano della Santa Sede - ad artisti storici come Achille Perilli, Carla Accardi, Luigi Boille e Giosetta Fioroni, che sono diventati irriconoscibili per l'eccesso di contaminazione con opere scadenti di autori mediocri".

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