Lorenzo Lotto, nel quadro c'è il suo autoritratto
Guerrino Lovato legge il «Ritratto di uomo con cappello di feltro» e annuncia: è un autoritratto

«L’uomo con cappello di feltro» per Lovato è Lotto. E’ della National Gallery of Canada
VENEZIA. Ce l'ha sopra il letto dal 1996, una splendida riproduzione. Il «ritratto di uomo con cappello di feltro», di Lorenzo Lotto, riemerso da collezioni private e percorsi sconosciuti proprio in quell'anno. Un ritratto ad olio su carta, che Pallucchini battezzò come «pastore». «Ma no! - si entusiasma Guerrino Lovato - Quello è lui. E' l'autoritratto di Lorenzo, lui sputato che si ritrae allo specchio». Se è così, è una bomba per il mondo dell'arte, perché in realtà si conosce poco la faccia di Lotto. Ed è una bomba che deflagra in piena mostra su Lorenzo Lotto alle Scuderie del Quirinale.
Dove quel dipinto campeggia senza che nessuno immagini quello che invece ha immaginato, e studiato fino a convincersene Guerrino Lovato. E tutti passano davanti all'uomo col cappello di feltro: sapessero che è lui, il pittore protagonista della mostra, ma protagonista soprattutto di un tassello fondamentale della pittura del '500, ci sarebbero stupore, ammirazione, magari raccoglimento. Adesso possono saperlo, perché Lovato ha deciso di dirlo al mondo: al suo Mondonovo, l'antro delle maschere, delle sculture e delle ricerche vicino a Campo Santa Margherita, a venezia, che non è più aperto per i turisti, ma solo per lui, che ci lavora acquattato; al mondo accademico, che già ha accettato un'altra sua precedente "identificazione" di Lorenzo; al mondo della storia dell'arte, che adesso può subire il fascino di guardare in faccia uno dei suoi protagonisti assoluti. Quindici anni che ci pensa, Guerrino, ma voleva essere sicuro: non si tratta di un'intuizione, ma di uno studio fatto di confronti, approfondimenti, letture che vanno al di là dell'osservazione del dipinto. «Rischio volentieri la mia faccia, ma offro la possibilità di vedere quella di Lorenzo», dice convinto.
Cominciamo dalla fisiognomica: «E' fortemente aderente a quello che si conosce dell'uomo Lotto. Ci sono due suoi ritratti sui quali storici e critici sono concordi: quello delle tarsie di legno di Santa Maria Maggiore a Bergamo, e quello degli affreschi di Trescore Balneario, lui raffigurato come cacciatore con una fascina. Il primo è di trequarti. Il secondo di profilo. Questo è di fronte e ha tutte le caratteristiche fisiche degli altri due». Ma c'è un terzo autoritratto di Lorenzo, e anche questo scoperto da Guerrino Lovato: quello dell'Elemosina di sant'Antonino, grande dipinto ora in mostra a Roma ma che abita abitualmente nella chiesa dei santi Giovanni e Paolo a Venezia. Quella fu una scoperta del 2008: Lorenzo che si dipinge ai piedi del santo, mentre riceve il compenso per la sua opera, che poi era quello stesso dipinto pagato dai frati con i denari delle elemosine. Con la barba, vestito da povero, perché tale si considerava. Per primo Augusto Gentili, uno dei massimi esperti di Lotto, dette la sua benedizione all'ipotesi di Lovato, tanto da scriverci su due articoli.
Il ritratto frontale ora esposto alle Scuderie del Quirinale trova conferme incrociate. «Conta molto aver scovato Lorenzo nella pala di sant'Antonino: l'ottanta per cento di questa nuova scoperta parte da là». Ma vediamolo, allora, questo Lorenzo Lotto: «Ha il volto lungo, il mento aguzzo, il setto nasale sporgente così come l'osso occipitale sulla fronte. E poi le orecchie a punta, e si vedono anche i denti tra le labbra appena appena socchiuse: Mica era un Adone, ma insomma è lui. Tutti questi particolari si ritrovano nelle altre raffigurazioni». Ma l'identificazione con Lotto non si basa solo sulle caratteristiche fisiche. «C'è molto altro - spiega Guerrino Lovato - Per esempio: ha il cappello nella mano sinistra. Ma nel '500 il galateo e la consuetudine lo facevano portare nella destra. L'uomo ha la mano destra nascosta, è quella che dipinge. In pratica ci dice: sei davanti ad uno specchio. Se rimettiamo il dipinto davanti ad uno specchio, tutto torna. Postura a parte, è il senso complessivo del ritratto che corrisponde all'uomo Lorenzo Lotto. Era un cristiano sensibile alla riforma, di quelli che tenevano in tasca l'Imitatio Christi, dalla spiritualità forte: la stessa che spira dal ritratto. In fondo, questa figura ha molto di un Cristo benedicente, guardate la luce forte sulla tempia, lo stesso gesto della mano che è come una benedizione trattenuta: ma il pittore non poteva osare tanto. Ma sembra una benedizione "orizzontale", un gesto e un significato che mi piacciono».
Quel volto, e quell'uomo, sono stati scandagliati in ogni particolare: quindici anni sopra la testata del letto..., l'ultima faccia che si vede coricandosi. Lovato: «Si vede che è vestito da pellegrino, ha più giubbe, e ci sono ben sette colori diversi. Si vedono le vene e le rughe, ma è un ritratto idealizzato, etico: come appunto si facevano nella prima metà del Cinquecento, nella cerchia di Moretto, Moroni, Savoldo, diversi dai modi tizianeschi. Qui abbiamo uno sguardo che si avvita, che finisce dentro i nostri occhi: ma perché è lui che si guarda allo specchio, nelle pupille: E le sue diventano le nostre». Il dipinto non ha data e non ha firma. Gli studiosi lo collocano tra il 1540 e il 1560. «Per me deve averlo fatto attorno agli anni '40», dice Lovato. All'epoca, Lotto aveva sui sessant'anni: che sia l'età più o meno dimostrata dall'uomo con il cappello di feltro?
Poi il tocco finale: «Una firma magari c'è, io ce la vedo - sostiene Lovato - Guardate la postura delle dita della mano: sono messe ad elle, sia le dita più distese che quelle piegate. Le sue iniziali, che Lotto spesso ha adoperato nei suoi quadri». Per tutte queste ragioni Guerrino ci mette la faccia. Quell'uomo per lui è Lorenzo Lotto. Stupisce che non ci abbia mai pensato nessuno, se ci sono queste evidenze. E proprio mentre c'è una mostra in piedi che vuole ripetere i fasti di quella famosa del 1953.
Dice Lovato: «Elsa Dezuanni, la storica dell'arte trevigiana che ha scritto la scheda in catalogo per la mostra di Roma, è stata brava: avverte che c'è qualcosa di particolare, sente che è un ritratto speciale. Ecco, io ho trovato perché».
Dal punto di vista della documentazione, praticamente non c'è nulla. Lorenzo Lotto teneva un libro "di spese diverse" dal quale si può risalire anche alle committenze, e riguarda gli ultimi 30 anni della sua vita. Bene, in quelle pagine si registrano i ritratti degli "uomini illustri" eseguiti, ma non c'è cenno di questo dipinto. Realizzato su carta e neppure tanto pregiata, «da arrotolare», dice Lovato. Paradossalmente, un'assenza che parla: di un dipinto non commissionato, non destinato alla vendita o alla consegna a qualcuno. Un autoritratto, appunto.
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