L'OPINIONE / La cura dei professori scassatutto

Il decreto "Cresci Italia" spiazza i partiti: Lega e Pdl si preparano a cavalcare lo scontento che le liberalizzazioni si porteranno dietro
L'arrivo del Presidente del Consiglio Mario Monti per la Conferenza Stampa al termine del Consiglio dei Ministri. Roma, 20 Gennaio 2012. ANSA//SERENA CREMASCHI
L'arrivo del Presidente del Consiglio Mario Monti per la Conferenza Stampa al termine del Consiglio dei Ministri. Roma, 20 Gennaio 2012. ANSA//SERENA CREMASCHI

ROMA. Hanno “scassato”; eccome se hanno “scassato”. Al confronto, il sindaco di Napoli De Magistris - l’inventore dello slogan scassa-tutto - appare come uno studentello. D’altra parte loro sono i “professori”. E con il decreto sulle liberalizzazioni, approvato ieri in Consiglio dei ministri, hanno rotto consuetudini ereditate dal secolo scorso. Promessa mantenuta. Piaccia o non piaccia. E a molti ovviamente non piace. Perché gli scossoni vanno bene quando riguardano gli altri, a patto sempre che mi salvi io e la mia attività. Il governo dei professori è riuscito dunque a varare un complesso pacchetto normativo destinato a render meno complicata la vita degli italiani. Nel merito bisognerà approfondire il valore di questi interventi. Girano cifre (riferite al possibile risparmio realizzabile da parte di una famiglia media) francamente ottimistiche. La Cgia di Mestre si spinge addirittura a ipotizzare vantaggi fino al 15 per cento per un nucleo familiare con un reddito annuo di 30 mila euro: vuole dire quasi 4.500 euro. Ci sarebbe da augurarselo, ma temo che si tratti di calcoli troppo generosi ed enfatici.

La giornata di ieri è stata convulsa, di ora in ora si inseguivano indiscrezioni sul decreto e la bozza ministeriale è cambiata più volte. Le pressioni delle lobby professionali e delle grandi aziende si sono fatte sentire: meno chiassose dei tassinari romani e napoletani, ma più efficaci. Comunque, dopo un lungo conclave, i ministri hanno approvato. Un risultato che i governi di centrodestra non hanno mai perseguito, nonostante gli enfatici proclami di liberismo economico, e quelli di centrosinistra non hanno osato portare a termine, intimiditi dalle proteste sociali. Così, ieri, Monti - quando il testo non era ancora definitivo - ha registrato un tiepido sostegno del Pd con Bersani che dice che «si può fare di più e meglio». Ma innanzitutto, SuperMario, per la prima volta da quando è in carica, ha incassato uno sberleffo dal suo predecessore. Berlusconi infatti ci è andato giù pesante: «La cura del governo tecnico non ha dato alcun frutto», ha detto, profetizzando un ritorno a Palazzo Chigi, «noi che siamo stati democraticamente eletti».

Non è ancora la crisi di governo finché spread e Borse vanno come vanno; né c’è un’alternativa politica credibile. Ma è evidente che il Pdl, così come la Lega, si preparano a cavalcare la stagione dello scontento suscitato dalle norme liberalizzatrici. Può succedere di tutto da qui ai prossimi 16 mesi, data naturale per le elezioni. Ancora ieri il presidente Napolitano, nume tutelare di questo governo, si è speso per certificare l’efficacia del decreto liberalizzazioni definendolo «corposo e incisivo». E se davvero è incisivo, aspettiamoci già da oggi polemiche e proteste.

Ci eravamo abituati al nulla di fatto. Perché la delusione principale prodotta dalla cosiddetta seconda Repubblica consiste nel sostanziale immobilismo in cui si è impantanato il Paese in questi ultimi 18 anni, senza una riforma degna di questo nome capace di rinnovare le dinamiche sociali. Il famoso “ascensore” che dovrebbe consentire al figlio dell’operaio di salire nella scala sociale fino a diventare farmacista, s’è bloccato al piano terra da quel dì.

L’Istat ha appena certificato che i poveri sono ben 8 milioni. E due milioni di giovani non studiano e non lavorano. Se mai dovesse esplodere questo malessere, ci sarebbe da preoccuparsi sul serio. Ben più di un sopportabile blocco dei taxi.

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