L’operaio morto sul lavoro la pm chiede tre condanne

Maerne. Il 7 luglio 2008 Mustafà Meco, 48 anni, fu travolto dal crollo di un muro La Procura: «Omicidio colposo, un anno e due mesi ciascuno a tre imprenditori»
MAERNE. Tre condanne, ciascuna a 1 anno e 2 mesi di reclusione, per omicidio colposo in concorso e una assoluzione per non aver commesso il fatto: queste le richieste che ieri ha formulato in aula la pubblico ministero Carlotta Franceschetti al termine della sua requisitoria nel procedimento per l’incidente sul lavoro che il 7 luglio 2008 a Maerne costò la vita a Mustafà Meco, 48 anni, operaio albanese che viveva con la moglie e due figli a Zero Branco.


Secondo la rappresentante della Procura, per la tragedia sul lavoro devono essere condannati gli imprenditori Adriano Viola, 57 anni di Conselve, Angelo Pavanello, 79 anni di Martellago, della “Pavanello Costruzioni Edili”, e Franco Rizzato, 64 anni di Preganziol. Nessuna responsabilità per la pm sarebbe invece configurata a carico di Diego Fassina, 59 anni di Martellago, della “Rizzato Wellpoint srl”. Nel corso dell’udienza di ieri hanno discusso anche gli avvocati della parte civile e delle difese, che dal canto loro hanno sostenuto come in carico ai loro assistiti non vi siano responsabilità penali. La giudice monocratica Sara Natto leggerà la sentenza l’11 dicembre, a nove anni e mezzo dall’incidente mortale sul lavoro.


Mustafà Meco, dipendente della “Rizzato Wellpoint”, stava lavorando nelle vicinanze di un muro, lungo dieci metri e alto due, che all’improvviso era crollato. L’operaio era rimasto sepolto sotto i mattoni e i calcinacci. I soccorritori erano riusciti a estrarlo vivo dalle macerie dopo un’ora e mezza, sembrata eterna, ma necessaria per fermare le emorragie alle gambe. Ma il cuore del 48enne, che prima di venire in Italia era pilota di jet militari nel suo Paese, aveva smesso di battere l’indomani. Stando alle accuse, il muro avrebbe dovuto essere rinforzato o comunque puntellato in modo da evitare crolli prima che gli operai procedessero con qualsiasi altro intervento. Invece si era proceduto con la palificazione attorno al muro che aveva provocato l’innalzamento del terreno e il cedimento strutturale del muro che si era sgretolato addosso a Meco, travolgendolo. A chiedere il rinvio a giudizio dei quattro imprenditori era stato il giudice per l’udienza preliminare Alberto Scaramuzza a gennaio 2015. Quando sarà pronunciata la sentenza, saranno passati ormai quasi tre anni. «Un piccolo cantiere edile senza piano di sicurezza e senza formazione per i lavoratori, nel quale si fa lavorare un operaio sotto un muro in demolizione senza alcuna protezione», avevano denunciato i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil del comparto edile che avevano parlato di una tragedia “annunciata”, tanto che in nome di Mustafa e di tutte le vittime sul lavoro era stato indetto uno sciopero.


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