L'omicida di Martellago fu coinvolto in un altro delitto

Nel dicembre 1989 un commercialista fu trovato in auto a Conca d’Albero ucciso con tre proiettili: Renato Rossi finì sotto inchiesta ma il caso è ancora irrisolto

MARTELLAGO. Un omicidio fotocopia.

E il sospetto che quel fatto di sangue fosse collegato a un debito di 627 milioni e 85 mila lire, solo in parte restituito. Un sospetto mai provato.

Ma tra i protagonisti di quel cold case (un caso irrisolto, per dirla con il titolo di una nota serie tivù statunitense) spuntano un nome e un cognome oggi noti, quelli di Renato Rossi, il piccolo imprenditore e disegnatore di moda 67enne originario di Ferrara e residente a Martellago nel Veneziano, finito in carcere per l’omicidio del consulente aziendale Ezio Sancovich.

Il 22 dicembre 1989, lungo un viottolo a Villa del Bosco una località del Comune di Correzzola, venne ritrovato il corpo del 55enne commercialista e consulente del lavoro Luciano Forlani di Ferrara: il professionista era seduto al posto di guida della sua macchina con la portiera aperta, freddato da tre colpi di pistola. Per il giorno precedente (era sparito il 21 dicembre) aveva concordato un appuntamento con Renato Rossi, finito sotto inchiesta per quell’omicidio, senza mai essere arrestato. Tuttavia il procedimento penale a suo carico venne archiviato per mancanza di prove. È lo stesso Renato Rossi accusato dell’assassinio di Ezio Sancovich?

Sembra che l’identità coincida, anche se i documenti della questura di Ferrara e di Padova dell’epoca (risalenti, appunto, al 1989) riportano due diverse date di nascita riferite a Renato Rossi, sospettato del delitto Forlani: il 22 aprile 1948 e il 22 marzo 1948, quest’ultima data di nascita reale del designer di moda da lunedì pomeriggio rinchiuso in carcere per il delitto scoperto a Piombino Dese tre giorni fa. Il “giallo” dovrà essere risolto dagli inquirenti padovani guidati dal procuratore Matteo Stuccilli e dal pm Roberto Piccione che, al momento, non hanno ancora acquisito la documentazione giudiziaria.

È chiaro che un precedente del genere (se confermato e, sia pure, definito nel 1991 con un’archiviazione chiesta e ottenuta dall’allora pubblico ministero Antonino Cappelleri, ora procuratore capo a Vicenza, perché non erano emersi indizi gravi e univoci a carico dell’indagato) potrebbero contribuire a ricostruire la vera personalità del 67enne Renato Rossi, arrestato per il delitto Sancovich.

Non solo. Quell’ombra potrebbe pesare nell’inchiesta attualmente in corso. E in un eventuale processo: i tratti psicologici e le azioni del passato riferibili all’imputato incidono nella valutazione della sua pericolosità sociale. E il passato del signor Renato Rossi di Martellago, ora in carcere, racconta ancora molto altro. Racconta di un’esistenza turbolenta. E di altri guai con la giustizia trascritti nel suo casellario giudiziario, la scheda che registra i provvedimenti di condanna definitivi ovvero i precedenti penali già passati in giudicato. I precedenti di Rossi abbondano.

Nel 1991 fu condannato a 10 mesi per violazioni nei versamenti dell’Iva. In quell’occasione, il 24 luglio 1991, dichiarò al quotidiano la Nuova Ferrara: «Non sono un ladro, forse un truffatore o un approfittatore», alludendo alle accuse di evasione fiscale e al fatto di essere finito nell’elenco dei più grandi evasori fiscali italiani. Doveva rispondere di un’evasione da 4 miliardi di lire di tasse non pagate. Interpellato dal cronista, aveva replicato: «Io un ladro? No, solo un evasore da 170 miliardi di lire», facendo lui stesso il calcolo delle tasse da pagare, il totale tra more,multe e arretrati.

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