L’olio di Mazzacurati comprato dal Consorzio. Conto 260 mila euro
VENEZIA Duecentossessantamila euro di soldi pubblici per comprare l’olio del figlio del presidente. È l’ultimo scandalo che emerge dalla palude del Mose. E dalla ricostruzione di anni in cui si finanziavano molte cose «estranee» alla salvaguardia. Qualche bottiglia l’hanno trovata, ancora sigillata, nei depositi del Consorzio all’Arsenale. La bufera giudiziaria e gli arresti hanno interrotto quella che era evidentemente abitudine consolidata. L’olio d’oliva extravergine della ditta di Giuseppe Mazzacurati, figlio del presidente Giovanni, veniva acquistato regolarmente in grandi quantità dal Consorzio per distribuirlo come strenna natalizia e omaggi.
La cosa incredibile è che in dieci anni, dal 2003 al 2013, il Consorzio ha sborsato 260 mila euro per l’acquisto di olio. 2500 bottiglie, confezionate in scatole da 6. Provenienza doc, sicuramente. Prezzo salato (13 euro e mezzo a bottiglia), quasi 18 per litro. Dalla tenuta in Toscana in località Aione di Bibbona, provincia di Livorno. Proprio il luogo dove Mazzacurati e la figlia Giovannella hanno presentato il progetto per un mega resort («Wine&olive oil resort Bolgheri hotel 5 stelle»), albergo di lusso con 250 stanze, centro congressi, parcheggi, 8 mila metri di terreno. Accanto al resort esistono già le tenute dei figli di Mazzacurati. Che producono olio toscano di buona qualità. Così il potente presidente-direttore del Consorzio deve aver pensato che si poteva unire l’utile al dilettevole. Acquistando notevoli quantità di bottiglie da utilizzare e distribuire a Natale.
La lista delle fatture è lunga, e dà l’idea di come in quegli anni di monopolio assoluto un Consorzio nato per difendere la laguna e la città dalle acque alte, sia finito ad acquistare olio d’oliva in grande quantità. Piccole cifre negli anni 2000 e 2003, 3 mila e duemila euro. Poi le fatture si impennano. 25 mila euro nel maggio 2003, migliaia di euro ogni anno. Fino ai 24.822 del maggio 2009, ai 39 mila del marzo 2010, ai 40.560 dell’anno successivo, il 2011, epoca in cui arrivavano copiosi i finanziamenti da Roma della Legge Speciale. Un flusso di danaro che continua anche nel 2012 (36 mila euro) e nel 2013, altri 36 mila. Questo è l’ultimo anno dell’olio, perché in primavera viene arrestato Piergiorgio Baita, presidente della Mantovani e factotum del Consorzio. In giugno finisce dentro anche Mazzacurati, accusato di turbativa d’asta. È l’inizio del grande scandalo Mose, che porterà in carcere un anno dopo decine di persone. Si rompe il meccanismo, anche l’olio resta nei depositi. Olio sicuramente doc – proveniente da un borgo che si chiama California, proprio come la residenza dorata di Mazzacurati – pagato 13 euro e mezzo a bottiglia. Spese bizzarre, che vanno a sommarsi a quelle per libri ed editoria, agli incarichi esterni e alle consulenze. Un fiume di denaro in qualche modo sottratto all’attività di salvaguardia della laguna. Del resto era la legge che prevedeva di corrispondere al Consorzio Venezia Nuova il 12 per cento come aggio su tutti i lavori finanziati. Su 6 miliardi di euro stanziati dallo Stato, fanno quasi 800 milioni. A cui vanno sommati naturalmente i «fondi neri» messi da parte con le fatture false e l’evasione.
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