L’oleodotto dell’Eni “sparito” dalle carte
Dov’è finito l’oleodotto dell’Eni di 11 chilometri, con 42 pollici di diametro e interrato sotto i fondali di vari metri, che dal pontile di San Leonardo - dove approdano le petroliere - che da Fusina si affianca a destra del canale dei Petroli fino all’isola delle Tresse e da qui devia per raggiungere in linea retta l’isola con i depositi di carburanti di Petroven?
La domanda è più che lecita per chi si è preso la briga di leggere con attenzione il progetto presentato l’altro ieri che prospetta una nuova via per far arrivare le Grandi Navi da crociera in stazione Marittima e non più dal Lido e dal Bacino di San Marco, bensì dalla bocca di Malamocco e poi lungo il canale dei Petroli fino all’isola artificiale delle Tresse tagliandola in due con l’escavo di un nuovo canale di quasi 11 metri di profondità per raggiungere il canale Vittorio Emanuele e, quindi, la Marittima. Nel prospetto dei costi (140 milioni in totale) per la nuova via delle grandi navi, al capitolo “Attività accessorie” vengono indicati gli importi per il conferimento al Molo Sali dei fanghi di scavo più inquinati (4,8 milioni); lo spostamento dell’elettrodotto di Terna (2 milioni) e degli steli luminosi che illuminano il canale dei Petroli (1,2 milioni); spese di progettazione e tecniche (3,9 milioni) e infine lo «spostamento dell’elettrodotto di Eni» con una spesa di 10 milioni di euro.
Peccato, però, che Eni non abbia nessun elettrodotto, bensì un oleodotto, che però è stato evidentemente dimenticato dai progettisti del Porto e del Comune che l’hanno erroneamente indicato come “elettrodotto”. «Si tratta di un refuso che correggeremo», si sono affrettati a spiegare i tecnici dell’Autorità portuale.
All’Eni, invece, hanno fatto un salto sulla sedia quando hanno saputo dell’errore e hanno cominciato a chiedersi: come mai nessuno li ha interpellati prima di mettere a punto il progetto presentato da Costa e Brugnaro? Del resto l’intervento sull’oleodotto esistente - che già in due occasioni, nell’arco degli ultimi 20 anni, ha registrato due fuoriuscite di greggio, per fortuna contenute - prevede la deviazione del suo corso attuale con un sifone (une nuova tubazione a curva lunga almeno tre chilometri) per allontanarlo dal corso del Tresse Nuovo. Il punto è che nessuno dei progettisti si è preso la briga di confrontarsi con Eni, proprietaria dell’oleodotto.
L’intervento comporterà l’interruzione dell’oleodotto (che trasporta giornalmente 300 tonnellate di gasolio, per un totale di 2.200.000 l’anno) per un tempo imprecisato e con un inevitabile impatto sull’attività della bioraffineria di Eni e dell’isola dei Petroli. La necessità di deviare il corso dell’oleodotto è stata confermata anche dal consigliere comunale Renzo Scarpa che si dice d’accordo con il progetto Tresse-Vittorio Emanuele «perché è molto meno impattante della precedente ipotesi, da me personalmente sempre avversata, di scavare il canale Contorta Sant’Angelo per raggiungere direttamente la Stazione Marittima dal canale dei Petroli che va dalla bocca di porto di Malamocco fino alle penisole di Porto Marghera».
«A parte l’oleodotto di Eni che bisognerà tagliare e deviare con un grande sifone sotterraneo» aggiunge il consigliere comunale della Lista BrugnaroRenzo Scarpa «il progetto Tresse Nuovo non rende più necessaria la deviazione della condotta che corre sotto la laguna per portare dal depuratore di Fusina le acque reflue fino al mare. E non sarà nemmeno necessario interrare l’elettrodotto di Terna».
«Bisognerà però prevedere un capitolo di spesa maggiore», ricorda Scarpa, «per l’intervento di spostamento della attuale linea elettrica interrata sotto la laguna che va da San Giobbe, passa sotto il Ponte della Libertà, aggira l’isola del Tronchetto e passa anche sotto il Vittorio Emanuele per poi riaffiorare a Fusina».
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