Lo schianto dopo la festa di laurea muore ventunenne

Enrico Manesso lavorava nella ditta di tendaggi del padre Non aveva allacciato la cintura. L’incidente a Mogliano

MOGLIANO. Non era stata una serata di eccessi. L’aveva trascorsa con gli amici a una festa di laurea, e probabilmente stava pensando al turno di lavoro che lo aspettava l’indomani quando ha perso il controllo della sua Micra e si è schiantato contro il terrapieno in cemento di un passo carraio lungo la Provinciale 65. Non aveva allacciato le cinture. Via Kennedy, al confine tra Zero Branco e Mogliano, frazione di Campocroce: si è interrotta qui, qualche minuto dopo la mezzanotte di sabato, la vita di un ragazzo di 21 anni, Enrico Manesso, dipendente nella ditta di tendaggi del papà, la Tessil 2000 di Trebaseleghe (Padova), appassionato di viaggi e di calcio, la sveglia che ieri sarebbe suonata alle 4 del mattino per il turno al mercato. A casa, in via Statue a Badoere di Morgano, lo aspettavano il papà Giuliano, la mamma Caterina, il fratello Francesco e la sorella Gloria. A fargli perdere il controllo dell’auto, probabilmente, un colpo di sonno.

La dinamica. Mezzanotte è passata da una decina di minuti quando lo spaventoso botto della Micra contro il terrapieno in cemento sveglia gli inquilini del civico 177, a Zero Branco. Siamo al confine con il comune di Mogliano, lungo la Provinciale 65, località Campocroce. Enrico ha trascorso la serata a una sagra di Badoere, poi ha preso parte alla festa di laurea di un amico. Sta viaggiando in direzione Mogliano, non è tardissimo e forse vuole concedersi gli ultimi momenti con gli amici prima di tornare a casa. Gli è fatale un attimo, gli occhi che forse si chiudono per una frazione di secondo, in un tratto rettilineo in apparenza senza ostacoli. Le ruote toccano l’erba a lato della carreggiata, la Nissan Micra bianca sbanda sulla sua destra e finisce nella cunetta, il “muso” dell’auto sbatte violentemente contro il cemento che delimita l’ingresso di un’abitazione privata. Enrico non ha le cinture di sicurezza: urta violentemente il capo contro il parabrezza.

I soccorsi. La chiamata al 118 parte a mezzanotte e dieci, ambulanza e automedica del Suem arrivano dopo pochi minuti da Treviso. Trovano il ragazzo immobile al posto di guida. Incosciente. Accorrono anche i vigili del fuoco per estrarre il conducente dalle lamiere, assieme a una pattuglia dei carabinieri per i rilievi di rito. L’auto ha travolto un palo della segnaletica stradale prima di finire nella cunetta. Sull’erba ci sono i segni delle quattro ruote, accanto al passo carraio i detriti del mezzo. Sul parabrezza i segni inconfondibili del vetro infranto dall’urto con il capo del conducente. I soccorritori tentano le manovre di rianimazione, ma capiscono immediatamente che non c’è più niente da fare. Enrico era da solo in auto, e nessun altro mezzo è stato coinvolto nell’incidente. Non aveva bevuto, ed è stato terribilmente sfortunato: avesse perso il controllo dell’auto pochi metri prima o dopo quel punto, non avrebbe centrato il cemento che lo ha ucciso.

Chi era. Residente a Badoere di Morgano, Enrico era nato il 23 ottobre 1996: se n’è andato prima ancora di compiere 22 anni. Aveva frequentato il collegio salesiano Astori di Mogliano e da qualche tempo aiutava il papà nella sua azienda di tessuti. Era stato iscritto al gruppo scout del paese, aveva giocato a calcio con la squadra di Quinto ed era da poco tornato da un viaggio negli Stati Uniti. Come ogni ragazzo della sua età, si divertiva con i social: Facebook e Instagram, con i suoi ritagli di vita che parlavano di amici, famiglia, vacanze, tra i selfie e le ultime foto pubblicate in America. “The best is yet to come”, scriveva nella descrizione del profilo, “Il meglio deve ancora arrivare”, e sarebbe stato così, se non lo avesse tradito un banale incidente sabato notte.

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