Lo scandalo farmaceutico: per il Veneto 20 milioni di danni
VENEZIA La Regione Veneto si costituirà parte civile nelle inchieste sui giganti della farmaceutica mondiale Roche e Novartis, accusate di aver costituito un cartello illecito per estromettere dal mercato il marchio rivale Avastin a tutto vantaggio del farmaco Lucentis. Entrambi prodotti “salvavista”, impiegati delle maculopatie oculari gravi, equivalenti sul piano terapeutico ma caratterizzati da una forbice di prezzo vistosa: a Palazzo Balbi una fiala di Avastin costa 20 euro contro i 900 del medicinale concorrente posto in vendita dalla coppia di “colossi”, ai quali l’Antitrust ha già comminato una multa di 282 milioni.
Sulla vicenda indagano due Procure: Roma, che ipotizza la truffa e l’aggiotaggio (cioè il rialzo fraudolento dei prezzi) ai danni del sistema sanitario; e Torino, che contesta i reati di associazione a delinquere, corruzione e disastro colposo.
Un affaire miliardario, che legittima i sospetti di collusioni ad alto livello: in proposito, un esposto alla magistratura della Società oftalmologica italiana afferma che le due società non avrebbero potuto agire liberamente senza «qualche complicità» in seno all'Aifa e dell'Ema, le agenzie nazionale ed europea del farmaco. Proprio su questo versante si dipana il filone veneto dello scandalo. I fatti. Il 29 novembre del 2011 la giunta regionale di Luca Zaia, raccolto il parere degli specialisti, deliberò di adottare il low cost Avastin in via esclusiva. Una scelta immediatamente impugnata da Novartis, che ricorse al Tar del Veneto lamentando il danno economico e chiedendo la sospensiva del provvedimento.
I giudici amministrativi, in un primo tempo, respinsero l’istanza ma la multinazionale riuscì a capovolgere l’esito della causa grazie all’intervento di Ema ed Aifa. La prima modificò il «riassunto delle caratteristiche» di Avastin, penalizzandone l’impiego; la seconda rimosse immediatamente l’indicazione dell’uso intravitreale del medicinale «scomodo» dall’elenco dei farmaci autorizzati nella sperimentazione clinica. La mutata situazione non lasciò scelta al tribunale, che (interpellate senza esito le agenzie) accolse la richiesta di sospensiva, costringendo de facto la Regione ad abbandonare l’adozione di Avastin a beneficio di Lucentis, salvo ricorrere al Consiglio di Stato.
Gli effetti? Anzitutto un contraccolpo negativo per i pazienti, obbligati a sospendere il trattamento iniziale e ad intraprendere una nuova terapia; a seguire, l’onere finanziario aggiuntivo, calcolato in una ventina di milioni. Circostanze sollevate da Domenico Mantoan nella dura lettera inviata al numero uno di Aifa, Luca Pani, il 19 ottobre 2012: dove il direttore della sanità veneta rimarca «L’assoluta sovrapponibilità dei due farmaci» a fronte di una radicale disparità di prezzo, citando a riguardo le conclusioni scientifiche della Società oftamologica riprese dal British Medical Journal, contesta le modalità della rimozione di Avastin da parte dell’Agenzia e conclude: «La difficoltà economica-finanziaria di sostenere tale spesa potrebbe avere come conseguenza l’impossibilità di garantire una terapia sicura ed efficace a tutti i pazienti che, per questo motivo, potrebbero essere destinati nel tempo alla cecità».
Tant’è. L’unica conseguenza del j’accuse fu l’esclusione sistematica, nel periodo successivo, di rappresentanti veneti dai principali organismi dell’Agenzia, mentre il numero dei pazienti veneti in cura farmaceutica diminuì progressivamente.
Alle contestazioni, Roche e Novartis ribattono sostenendo la diversità dei farmaci in questione s e rivendicando la correttezza del loro operato; analogamente i vertici di Aifa escludono irregolarità nell’iter decisionale mentre il governatore Zaia chiede piena luce sull’accaduto e il ministro della salute, Beatrice Lorenzin, parla di «vicenda odiosa» promettendo che l’Agenzia del farmaco «sarà presto riformata». Un proposito lodevole. Quanto tardivo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia