L’investitore: «Non mi sono accorto»
Pramaggiore. Parla Giancarlo Cecco, 66 anni, che con la sua betoniera ha travolto e ucciso Andrea Stefanuto di Gruaro
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - PORTOGRUARO - CECCO GIANCARLO L'INVESTITORE
PRAMAGGIORE. Ha l’aria stanca, di chi l’ultima notte non ha dormito. È rientrato a casa ieri notte, nella sua abitazione di Belfiore, frazione di Pramaggiore, dopo essere stato ascoltato a lungo dai carabinieri e dopo aver contattato un legale di sua fiducia, Igor Visentin. È Giancarlo Cecco, 66 anni, originario di Castello di Brussa, frazione di Caorle, l’uomo denunciato all’autorità giudiziaria poiché accusato di omicidio stradale e omissione di soccorso con fuga. Lavora per la ditta individuale Favero Mirco di Cavanella, frazione di Concordia e guidava la betoniera che ha colpito in pieno la bicicletta di Andrea Stefanuto, morto sul colpo, scaraventato a 10 metri di distanza, in un fossato laterale. Per terra frammenti di paraurti. Ma soprattutto Cecco non si è fermato a prestare aiuto alla persona investita.
Che cosa sta provando in questi giorni di grande clamore? «Sto malissimo, e non riesco a capacitarmi di essere coinvolto in un episodio simile. Non ho visto nulla. Non mi sono accorto di nulla». Ci racconti quella drammatica sera. Che cosa ricorda? «Stavo rientrando da una consegna a Polcenigo, in provincia di Pordenone. Avevo percorso difficili stradine di montagna, trasportando importanti carichi. Non ero stanco, le condizioni di guida erano ottimali». È sicuro che all’altezza di Ramuscello, tra Sesto al Reghena e Cordovado, non abbia proprio visto nulla davanti a lei, mentre viaggiava verso Portogruaro?
«Si, sono sicurissimo. Percorrevo la strada e poi sul rettilineo ho avvertito comunque un rumore. Ma non ci ho fatto caso». Mi scusi, che tipo di rumore? Si è accorto di aver urtato la bicicletta?
«Assolutamente no. La cabina della betoniera durante il viaggio emette dei piccoli rumori. Credevo si trattasse di un suono simile e quindi ho proseguito la mia corsa». Che cosa ha raccontato ai carabinieri che l’hanno interrogata? «Esattamente questo. Cioè, che non ho visto nulla e che ho percepito questo rumore. Non ci ho fatto caso, ripeto, poiché sembrava un rumore abituale». Sta dicendo che non ha visto nulla. Ci può confermare che Andrea Stefanutto viaggiasse senza giubbetto catarifrangente e con le luci di sicurezza della bici spente? Il suo datore di lavoro, Boris Sut, titolare della ditta di demolizione mezzi International Car a Ramuscello, è convinto di essersi avviato con tutti gli accorgimenti necessari per viaggiare in quelle condizioni.
«Non so cosa dire. Non ho visto giubbotti catarifrangenti sulla medesima direzione in cui viaggiavo. Non ho visto lumini. Le posso confidare una mia certezza, che ho anche evidenziato ai carabinieri? Secondo me lui non viaggiava con alcun giubbotto». Questo lo stabilirà la magistratura, semmai. Che cosa si sente di dire ai familiari della vittima, che l’hanno pesantemente attaccata definendola “senza cuore”? «Voglio scusarmi. Non mi sono accorto di nulla. Io sulla mia strada non ho visto proprio nessuno. Il rumore che ho percepito credevo fosse quello che ogni tanto, in marcia, sento sulla cabina della betoniera». Sarebbe disponibile a incontrare la famiglia di Andrea? «Certamente, voglio spiegare a suo fratello quello che è accaduto». Perché, a 66 anni, dopo una vita di lavoro, continua a condurre le betoniere? «Sono in difficoltà economiche. Ho bisogno di un sostegno per andare avanti».
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