L'INCHIESTA / Un solo indirizzo per quattro indagini scottanti

Via Pepe 12 a Mestre è il crocevia di interessi milionari tra Bellamio, Minutillo e Baita. E tra Di Bisceglie e Barone, con un ramo che porta alla ’ndrangheta calabrese
civico 12 di via Pepe a Mestre
civico 12 di via Pepe a Mestre

PADOVA. Quattro indagini di procure diverse: Venezia, Milano, Napoli, Catanzaro. Decine di persone coinvolte: manager, politici, commercialisti, faccendieri in odore di ’ndrangheta, imprenditori. Una miriade di società: partecipate, cancellate, chiuse e riaperte in altre città, o ridisegnate nel loro assetto. A legare fra loro pezzi di indagini, alcune persone e diverse aziende c’è un indirizzo. Indirizzo che compare e scompare, inabissandosi in visure camerali e talvolta riemergendo come luogo fisico per sedi legali di anonime srl. Eccolo: via Guglielmo Pepe 12, Venezia-Mestre. Terraferma. È da lì, da via Pepe, che si dipanano, o transitano, le quattro indagini che finora hanno portato, negli ultimi tre anni, a scoperchiare il malaffare in Veneto.

Perché da via Pepe? Perché, per esempio, in via Pepe c’era lo studio di commercialisti Bpv al cui interno (fino all’epoca delle indagini) operavano Paolo Bellamio ed Enrico Prandin, professionisti molto noti in Veneto e ora a giudizio perché coinvolti nella bancarotta Enerambiente insieme all’imprenditore trevigiano Stefano Gavioli, gli avvocati Giancarlo Tonetto di Mestre e Giovanni Faggiano di Brindisi (due dei tre liquidatori della Sirma di Marghera), Giorgio Zabeo di Stra, l’ex direttore generale della banca del Veneziano Alessandro Arzenton di Padova, il dirigente e la funzionaria dello stesso istituto di credito Mario Zavagno e Francesca Furlan, il braccio destro operativo di Gavioli nella gestione dei rifiuti Loris Zerbin di Campolongo Maggiore e un’altra dipendente dell’imprenditore di Mogliano, Stefania Vio di Venezia.

Ma in via Pepe, sempre al civico 12, troviamo la sede di alcune attività riconducibili anche a Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Galan arrestata (ora ai domiciliari), a sua volta in affari con Piergiorgio Baita, accusati entrambi di aver creato un sistema di “cartiere” che coinvolge aziende di Marghera (collegate all’imprenditore bellunese Luigi Dal Borgo) e finanziarie di San Marino in grado di creare milioni di euro di “nero”, con il coinvolgimento del braccio destro di Baita, Mirko Voltazza di Polverara.

E non è finita: via Pepe 12 è l’indirizzo di due società (una chiusa) riconducibili a Roberto Di Bisceglie, faccendiere foggiano, sposato con una padovana e finito nel mirino della procura di Milano per una maxi indagine che riguarda la ’ndrangheta e la famiglia Strangio. Di Bisceglie, nell’inchiesta denimonata “Infinito” e condotta dal pm Ilda Bocassini, è attore insieme ad altre persone, tra cui Giovanni Barone (il cui nome qualche anno fa è comparso nella vicenda che riguarda il post concordato Edilbasso), della scalata di due società la Perego Strade di Milano e la trentina Cosbau, con le quali partecipare all’acquisizione di appalti pubblici.

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