L’imam veneto scrive ai vescovi: «Insieme perché vinca la pace»

Kamel Layachi: il Papa ha scelto la misericordia, è la migliore risposta al dilagare di violenza omicida e disprezzo per la vita

VENEZIA. C’è una comunità di fedeli musulmani che crede nel dialogo interreligioso e nel valore universale della pace. Coltiva una visione antitetica al fanatismo sanguinario dell’Islam radicale, dopo le stragi parigine del 13 novembre la sua condanna del terrorismo è andata oltre i toni di circostanza e si tramutata in una mano tesa ai credenti di ogni confessione, nella convinzione che l’orizzonte divino deve unire i popoli, non condannarli all’odio reciproco. Di questa svolta - che segna la discontinuità rispetto a una prolungata stagione di remore, silenzi, connivenze morali - è emblema l’imam Kamel Layachi, il responsabile della comunità islamica del Veneto, che nella giornata inaugurale del Giubileo cristiano ha rivolto un messaggio ai vescovi e ai fedeli delle diocesi venete.

«Cari fratelli e sorelle», è l’esordio «questa lettera è scritta con il cuore ad ognuno di voi per riaffermare a nome mio e delle comunità musulmane del Veneto il nostro profondo apprezzamento per la scelta della Misericordia come tema dell’Anno Santo indetto da Papa Francesco, e la volontà di contribuire assieme a tutti voi a fare di questo evento planetario un momento autentico di unità e di fraternità.Dinanzi al dilagare della violenza omicida nel mondo e il disprezzo quotidiano per la vita delle persone la risposta più saggia non poteva essere che un invito alla riscoperta di questo grande valore umano da ogni uomo e da ogni credente sincero. Possa Iddio illuminare i nostri cuori per cogliere la bellezza di questo Anno e guidare i nostri passi verso una Misericordia scambievole». Parole che colpiscono, pronunciate da un predicatore e studioso coranico, che vanno oltre la generica attenzione al confronto interreligioso e diventano condivisione di un evento centrale della cristianità contemporanea. Basterebbe assai meno per esporre Kamel Layachi al furore degli integralisti che bollano come traditore dell’Islam chi rifiuti di combattere gli infedeli o, semplicemente, accetti di dialogare con loro. Ma l’imam non abbraccia un generico buonismo né tantomeno annacqua il proprio credo nella captatio benevolentia.

Parla e scrive da capo spirituale musulmano, attigendo dal Corano le ragioni della riconciliazione: «All’inizio di ogni sura del Sacro Corano, fatta eccezione per la sura 9, troviamo la formula: “Nel nome di Dio , il Misericordioso , il Clemente”.La prima, la Fàtiha, che viene ripetuta dal musulmano in ogni ciclo di preghiera e pronunciata almeno diciassette volte al giorno, riprende il riferimento a questi due Nomi nel suo primo e terzo versetto .La misericordia divina quindi non è solamente un tema centrale nella relazione fra l’uomo ed il suo creatore ma un valore primario nel nostro approccio al divino».

Esegesi sacra, sì, che riflette l’ansia di restituire ai credenti musulmani la dignità e l’onore calpestati da chi usurpa il Corano e lo impugna come un’arma, pronunciando maledizioni e minacce: «Nessun essere umano ha il potere di limitare la misericordia divina e nessuno deve erigersi a giudice supremo per condannare i suoi simili in modo definitivo quando le porte del Misericordioso sono invece sempre aperte. Su questo dice il Profeta: “Dio, sia esaltato, tende la Sua Mano la notte perché si penta colui che ha peccato il giorno e tende la Sua Mano il giorno perché si penta colui che ha peccato la notte, e ciò fino al giorno della resurrezione”» .

Nei giorni scorsi, intervenendo nella polemica (per molti versi disarmante) su presepi e canti natalizi ritenuti da qualcuno fonte di turbamento per i musulmani, Kamel Layachi non ha avuto esitazioni né reticenze nel definire «bellissima» la rappresentazine della Natività, ricordando la «centralità degli amati Gesù e Maria nel Sacro Corano». E ora rilancia il tema giubilare rivolgendosi ai credenti di ogni confessione: «Secondo una tradizione, il Profeta Muhammad, l’inviato di Dio, disse ai suoi compagni : “Non crederete finché non sarete misericordiosi” . I compagni del Messaggero di Dio dissero: “O Messaggero di Dio, noi siamo tutti misericordiosi”.Il profeta riprese allora “Non intendo la misericordia che ognuno di voi prova naturalmente per il proprio compagno, ma una misericordia che si estende a tutti”. Ciò significa che il fatto di provare un tale sentimento di misericordia per i propri amici , per i propri figli o per i propri cari è comune alla maggior parte di noi , ma l’Islam esige di ampliare questa bontà ad una cerchia ancora più vasta: verso i propri genitori e i propri cari , tra marito e moglie , verso i bambini, verso gli ammalati , verso gli orfani, verso i poveri e i rifugiati, verso gli animali».

«Questo è l’insegnamento dell’Islam!», conclude, smentendo, da teologo, i falsi profeti che predicano intolleranza «nel nostro rapporto con Dio , nel nostro rapporto con i nostri fratelli umani, nel nostro rapporto con il creato in generale , sono la forza dell’amore e della misericordia che abitano le nostre coscienze, guidano le nostre azioni e danno un senso alla nostra vita». Un viatico incoraggiante in tempi scanditi da paura e violenza. Ed è bello che giunga dalla terra che ha pianto la morte innocente di Valeria Solesin.

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