Lido, per le capanne in spiaggia serve il permesso del Comune

Lo afferma la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso della pubblico ministero Francesca Crupi che aveva contestato il dissequestro allo stabilimento Miramare ordinato prima dell’estate
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 05.06.2016.- Spiaggia Miramare, Lido di Venezia. Capanne sottoposte a sequestro preventivo.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 05.06.2016.- Spiaggia Miramare, Lido di Venezia. Capanne sottoposte a sequestro preventivo.

LIDO. Per le capanne della spiaggia del Lido è necessario il permesso a costruire del Comune. La parola definitiva l’ha messa la Corte di cassazione nei giorni scorsi, dando ragione alla pubblico ministero Francesca Crupi. Nel maggio scorso aveva ricorso contro la decisione del Tribunale del riesame di Venezia, che aveva dissequestrato le 83 capanne dello stabilimento Miramare, alle quali i finanzieri della Sezione navale avevano messo i sigilli sulla base degli accertamenti coordinati dalla rappresentante della Procura. Un provvedimento che aveva messo in apprensione i titolari di tutti gli stabilimenti dell’isola, nessuno dei quali, compresa la società comunale “Venezia Spiagge”, avevano chiesto e ottenuto il permesso a costruire da parte di Ca’ Farsetti. Ora, sarà necessario attendere le motivazioni con le quali i giudici romani spiegheranno perché, oltre alla concessione paesaggistica, è necessaria anche il via libera dell’amministrazione comunale.

I giudici del riesame, nelle motivazioni, avevano bacchettato il Comune, parlando di «carattere ondivago delle dichiarazioni rilasciate dall’amministrazione» nelle motivazioni dell’ordinanza con cui avevano restituito le 83 capanne. Nel documento si leggeva che il direttore dello Sportello unico di Ca’ Farsetti, l’architetto Maurizio Dorigo, aveva confermato alla Guardia di finanza che per l’edificazione delle capanne sono necessari sia il permesso a costruire sia l’autorizzazione paesaggistica. «Il predetto funzionario», proseguivano le motivazioni, «ha redatto, in collaborazione con la funzionaria responsabile del procedimento Elisabetta Piccin, una nota di chiarimenti consegnata ai difensori di opposto tenore». Per i giudici, dopo una più approfondita istruttoria, questo secondo documento «esclude la necessità del permesso a costruire, ferma restando l’obbligatorietà dell’autorizzazione paesaggistica». Ecco allora, il giudizio sul carattere ondivago delle dichiarazioni rilasciate, una il contrario dell’altra. E il giudice non era a conoscenza che, alla fine, dopo le due riunioni in Procura alla presenza del prosindaco del Lido Paolo Romor e del comandante della Polizia municipale Marco Agostini, gli stessi due dirigenti (Dorigo e Piccin) erano nuovamente tornati sui loro passi, trovandosi d’accordo sul fatto che non era necessaria solo l’autorizzazione paesaggistica, ma pure il permesso a costruire da parte del Comune. Per quanto riguarda il dissequestro, invece, il documento proseguiva affermando che l’atteggiamento ondivago dell’amministrazione comunale «configurerebbe la buona fede del comportamento dell’indagato, il responsabile del Miramare Paolo Piccolotto. Mentre i giudici sostenevano che l’autorizzazione paesaggistica era obbligatoria.

Giorgio Cecchetti

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