Lidia Bastianich a Venezia: «Tradizione e innovazione, così la cucina rinasce»

Italo americana, nata a Pola e legata alla laguna: «Molti grandi chef sono sbarcati qui». Ha ricevuto il “Premio Alberti”

Lidia Bastianich
Lidia Bastianich

VENEZIA. Nata Lidia Matticchio, ma per tutti è Lidia Bastianich, mamma di Tanya e, soprattutto, di Joseph “Joe”, personaggio assai noto dei programmi di cucina italiana e imprenditore del settore. La mamma, però, non è da meno; nata a Pola, quando l’Istria era ancora italiana prima di diventare slava, si trasferisce a Trieste e poi negli Stati Uniti, dove sposa Felice Bastianich.

Lei è specializzata in cucina italiana e italo americana, ha scritto libri, condotto programmi tv, è stata ospite nelle versioni statunitense e italiana di Master Chef. Ha scritto libri ed è proprietaria di un’azienda agricola in Friuli.

In questi giorni Lidia era Venezia e lunedì, al Ristorante Colombo, ha ricevuto il Premio Pietro Cesare Alberti, assegnato a una personalità del mondo dell’impresa, dell’arte e della cultura, distintasi per aver portato lo stile italiano ai vertici nel mondo. Fra i partner ci sono Regione, Comune, Confindustria Venezia altre aziende. Alberti è stato un viaggiatore italiano, emigrato nella colonia olandese di Nuova Amsterdam nel XVII secolo e, per questo, considerato il primo italo americano.

La vicenda di Pietro Cesare Alberti è variamente riportata dalle fonti genealogiche americane e ora ripresa dal libro “Alberti’s Day”, Mazzanti Libri, Venezia.

Signora Bastianich, complimenti per questo premio.

«Un bel riconoscimento. Alberti è stato uno dei primi veneziani ad arrivare a New York. La mia storia è di un’emigrante che ha portato con la sé la sua cultura. Mi fa piacere. Sono arrivata negli Stati Uniti quanto avevo 12 anni, sono diventata cittadina americana ma ho sempre voluto rimanere italiana. Anche se sono nata in Istria, in casa parliamo ancora il dialetto».

Qual è il suo rapporto con Venezia?

«Adoro questa città. Qui sono venuti in viaggio di nozze i miei genitori e ricordo che guardavo le foto. Ci torno sempre volentieri qui, ogni canton è bellissimo: il mare, la struttura delle case, il mercato, il cibo. Anzi, il cibo è proprio buono: penso al Fegato alla veneziana, al Risotto al nero di seppia, Bigoi con le sarde. Così porto questi gusti ai miei clienti americani».

Venezia sta vivendo un’ottima fase gastronomica, molti grandi chef stanno investendo qui. Qui in laguna potrebbero starci pure i Bastianich, che dice?

«Chissà (ride). Vediamo un po’, è mio figlio Joe che gestisce queste cose. Io mi godo un po’ la vita. Comunque mi fa piacere vedere la rinascita di Venezia, che ha molto da offrire sotto questo aspetto».

Potrebbe anche convincerlo a venire…

«Vediamo, gli spiegherò un po’ quello che sta accadendo. Servono nuovi investimenti. Mi piacciono soprattutto i piccoli ristoranti nelle calli, si mangia davvero bene, come nelle trattorie di famiglia».

Come vede la nostra ristorazione?

«È sempre splendida. Ci sono sempre le due strade: la tradizione, da una parte, e chi ha voglia di innovare, dall’altra. Ci vogliono entrambe le cose, perché la cucina deve mantenere il luogo dov’è nata. Poi ai turisti interessa provare le specialità del posto. L’Italia non deve perdere questa base, ma deve lasciare spazio pure alla creatività».

Cosa dovremmo imparare dagli americani?

«L’Italia ha parecchio da dare, dalla cultura all’arte, dal cibo all’architettura e Venezia è unica nel mondo. A Las Vegas è stata pure imitata, ma mi sembra un po’ triste».

Perché suo figlio Joe è stato così bravo a entrare nelle case degli italiani, con le trasmissioni di cucina?

«Ha del talento ma è anche molto innamorato dell’Italia, nonostante sia nato negli Stati Uniti. Ha una straordinaria relazione con gli italiani, si sente parte di questa realtà e per questo è stato accettato. Porta la sua arte, il suo vino, i suoi ristoranti. Io e lui possiamo dire che di aver portato la mia cultura italiana in America e, viceversa, la sua cultura americana in Italia. Joe si diverte molto a venire qui. Deve tornarci almeno 5-6 volte l’anno».

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