«L’ho denunciata, non mi pento»

Renata Mannise, collega di Fiorenza Pontini: ho segnalato a due parlamentari le frasi pubblicate su Fb
Di Francesco Furlan

«Sento una forte responsabilità per la mia decisione, ma la vicenda era troppo grave per essere taciuta. Andava resa pubblica».

Dopo il licenziamento della professoressa Pontini si pente della sua scelta?

«No».

Renata Mannise, 56 anni, docente di lettere, da 5 al liceo Marco Polo, esponente locale di Sel, esce allo scoperto: è la docente che ha segnalato le violente frasi razziste pubblicate su facebook dalla collega Fiorenza Pontini ai parlamentari di Sinistra Italiana Giulio Marcon e Celeste Costantini, che poi hanno fatto scoppiare il caso a livello nazionale, con la presentazione di una interrogazione parlamentare. Era il 20 ottobre dell’anno scorso. Il Miur, al termine del procedimento aperto nei confronti della Pontini, ha deciso di licenziare la docente d’inglese. Un provvedimento contro il quale è già stato presentato ricorso.

Professoressa, ritiene giusto il licenziamento?

«Credo sia stata una scelta giusta perché certi valori, testimoniati da quelle frasi razziste, sono incompatibili con l’insegnamento. Ci sono dei valori che sono stati lesi. L’unico dubbio che mi rimane, ma non è una questione di mia competenza, è se magari non potesse essere assegnata a qualche ufficio amministrativo».

Un provvedimento da parte del ministero era atteso, ma in pochi si aspettavano il più severo.

«Credo che il ministero abbia scelto la linea del rigore anche per lanciare un messaggio preciso e che forse senza il clamore pubblico non ci sarebbe stato. Il razzismo è incompatibile con la scuola».

Quando è venuta a conoscenza delle frasi razziste della sua collega?

«Durante un collegio dei docenti un collega mi ha mostrato sul telefonino le frasi scritte di questa insegnante, che era arrivata da poche settimane al liceo Polo dopo essere stata al Foscarini e che anche io avevo conosciuto da poco: erano raccapriccianti. Sono andata a casa, ho trascorso tutta la serata a guardare e leggere il profilo della docente, ed ero sconvolta per quello che stavo leggendo. E anche se non sapevo bene che uso nei avrei fatto ho deciso di trascrivere tutte le frasi razziste, fare copia e incolla dal suo profilo, per realizzare un dossier».

E poi che ha fatto del dossier?

«Per prima cosa l’ho consegnato alla dirigente del liceo, Annavaleria Guazzieri, e poi ne ho parlato con gli esponenti del mio partito, Marcon e Costantini. E insieme abbiamo pensato di realizzare un’interrogazione parlamentare, presentata sette giorni dopo».

Non era sufficiente la segnalazione alla dirigente?

«Ci ho riflettuto. L’episodio era grave ed era giusto che, oltre che essere segnalato alla dirigente, che ha gestito con rigore la vicenda, avesse una rilevanza pubblica. Se non ci fosse stata l’attenzione dell’opinione pubblica non ci sarebbero stati gli stessi risultati. E non mi riferisco al licenziamento, ma al dibattito che ne è scaturito».

Dopo lo scoppio del caso qual è stata la reazione degli studenti?

«Condividevo alcune classi con la Pontini. Molti studenti avevano letto il suo profilo prima di noi docenti. Erano imbarazzati, in crisi, molti di loro non capivano come fosse possibile ricevere un insegnamento da una docente che scriveva quelle frasi. Anche perché aveva in classe qualche ragazzo straniero, se pur non musulmano. Erano scossi, a disagio. Credo che poi, ad esempio nelle assemblee che hanno organizzato, siano riusciti a tirar fuori i giusti anticorpi».

E i suoi colleghi come hanno reagito?

«Solo alcuni sapevano che la segnalazione, quella ai parlamentari, era partita da me. La maggior parte dei colleghi la pensa come me, che sia stato giusto intervenire. Altri invece ritengono che poiché quelle frasi non sono state pronunciate in classe ma scritte in un profilo privato e quindi non fosse giusto di intervenire».

Il ministero deve pensarla in modo diverso.

«Mi rendo conto che perdere il lavoro è terribile, ma l’insegnamento non è un lavoro come gli altri, ci sono delle responsabilità nei confronti degli studenti».

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