L’ex gondoliere tace e resta in carcere
Resta nel carcere di Santa Maria Maggiore con l’accusa di tentato omicidio e porto di un’arma clandestina l’ex gondoliere 33enne di Sant’Isepo Alessandro Pellegrini. Ieri, davanti al giudice veneziano Marta Paccagnella si è avvalso della facoltà di non rispondere: a parlare per lui è stato il suo difensore, l’avvocato Renato Alberini, che ha messo in discussione le tesi dell’accusa. Il magistrato, però, ha ritenuto gravi e sufficienti gli indizi e le prove raccolte dagli investigatori della Squadra mobile coordinati dal pubblico ministero Giorgio Gava: ha convalidato il fermo ed emesso l’ordinanza di custodia cautelare.
Sono tre le testimonianze contro Alessandro: quella del titolare del bar «Collo Modì» di via Garibaldi, che ha riconosciuto l’arrestato senza alcun dubbio, nonostante la sciarpa che gli copriva in parte il volto e il cappello calzato il testa, quella di un’altra persona che è stata minacciata da pellegrini con una pistola di piccole dimensione e soprattutto cromata in ar4gento e una terza, presente al momento della sparatoria, che pur non riconoscendolo ha notato la pistola cromata. Infine, nel marzo scorso, l’ex gondoliere era stato denunciato perché aveva sparato con un’arma da casa sua, un vicino aveva avvertito la Polizia e gli agenti gli avevano sequestrato una 6,35 cromata, simile a quella che ha sparato nel locale di via Garibaldi.
L’avvocato Alberini contesta innanzitutto il riconoscimento compiuto dal titolare del bar: il legale riferisce che Pellegrini sarebbe stato riconosciuto per la corporatura e un particolare modo di camminare, tutte circostanze piuttosto comuni. L’ex gondoliere, infatti, avrebbe una statura di poco superiore al metro e 70 e senza alcuna particolarità fisica, dunque una corporatura normale simile a migliaia di altri uomini Il legale, inoltre, ritiene incoerente la ricostruzione dei fatti: uno dei testimoni - sostiene - avrebbe visto l’uomo semi mascherato sparare un primo colpo verso l’altro appena entrato, quindi ricaricare la pistola, e esplodere il secondo colpo in direzione del cameriere poi ferito. Ma quella pistola non aveva assolutamente bisogno di essere ricaricata per sperare un secondo colpo. Infine, l’avvocato afferma che se le cose sono andate davvero come ricostruisce l’accusa, non si può affermare che Pellegrini voleva uccidere e quindi deve cadere il tentato omicidio. «È vero che è stato colpita una parte vitale» spiega il legale veneziano, «ma prima c'è stato un colpo sparato a vuoto, come un avvertimento. Se uno vuole colpire e centrare il bersaglio entra e mira alla persona, non gli dà tempo di ripararsi. Se ha fatto uno cosa così grave, doveva avere la mente alterata».
E’ probabile che nei prossimi giorni il difensore di Pellegrini presenti il ricorso al Tribunale del riesame.
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