Lettere incendiarie alla Petroven Un’amica ora incastra Bergamo
A «incastrare» il 47enne di Campalto Marco Bergamo quale autore delle lettere incendiarie ai tre dirigenti della «Petroven» di Marghera non sono soltanto alcune intercettazioni telefoniche, ma ora si è aggiunta la testimonianza di una sua amica di Mirano, L.P., la quale ha raccontato agli investigatori della Digos, che hanno svolto le indagini, che avrebbe visto Bergamo fabbricare i tre congegni incendiari e infilarli nelle buste poi spedite agli ingegneri Claudio Pepe, Antonio Lenti e Giuseppe Russo, ai vertici dell’azienda petrolifera di Marghera. Il fatto sarebbe avvenuto proprio nell’ abitazione di Mirano della donna, sempre stando alla sua deposizione. Nel suo interrogatorio, invece, Bergamo - pur ammettendo di aver compiuto qualche piccolo furto di gasolio - ha decisamente negato di aver fabbricato le lettere incendiarie. Non solo il giudice Roberta Marchiori non gli ha creduto, firmando l’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti anche per quelle pesanti intimidazioni, ma pure i tre giudici del Tribunale del riesame presieduti da Angelo Risi, che due giorni fa hanno respinto il ricorso dei suoi difensori, gli avvocati Luca Pavanetto e Rosa Parenti.
All’amica di Bergamo gli investigatori della Digos sono arrivati grazie alle intercettazioni telefoniche sul cellulare del dipendente «Petroven» sospettato di aver messo a segno ben venti furti da 40 mila litri di gasolio ogni volta. Nell’ordinanza, tra l’altro, il magistra sostiene che «appare altamente probabile che il movente delle lettere intimidatorie e incendiarie sia stato il potenziamento delle misure di controllo dell’azienda evidentemente non gradite in quanto di ostacolo alla sottrazione di ingenti quantitativi di carburante, che sono stati accertati nel corso delle indagini».
Dopo che il Tribunale ha respinto i ricorsi di Bergamo e di Flavio Acerboni (entrambi restano in carcere), di Francesco Bonaldo e Ilario Semenzato (sono agli arresti domiciliari), e ha accolto quello di Natalino De Vidi (era in carcere e ha ottenuto i domiciliari), martedì dovrò affrontare altri due ricorsi, quelli presentati dagli avvocati Alessandro Compagno per Giorgio Niero, che è ai domiciliari, e Gianmaria Daminato per Francesco Gheno, che è in carcere. Quest’ultimo è un ex pugile mestrino coinvolto nella vicenda per essere stato «assoldato» da alcuni camionisti che avrebbero partecipato ai furti con le loro autobotti, per minacciare e picchiare un loro collega accusato di aver fatto la spia. I reati contestati sono quelli di rapina, lesioni e violenza privata. Una spedizione, finita con la frattura del setto nasale del malcapitato, che poi si è rivelata del tutto inutile, visto che l’obiettivo del pestaggio non aveva rivelato alcunché.
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