L’esperto: istigazione al danneggiamento, denuncia possibile
MESTRE. «In astratto ci sono tutti gli elementi per arrivare a una denuncia per istigazione al danneggiamento della cosa pubblica. Ma naturalmente spetta al giudice poi valutare cosa è stato scritto ed eventualmente stabilire se c’era dolo in quello che è stato postato. Io certo non ho letto cosa è stato scritto per capire l’uso delle parole. Per quanto concerne l’associazione a delinquere è difficile dimostrare questo reato, se non impossibile in questo tipo di vicenda».
A parlare è l’avvocato Guido Scorza, insegna Diritto delle nuove tecnologie in diverse università italiane e da dieci anni si occupa di politica dell’innovazione e, come scrive lui nel suo suo blog, «di difendere i diritti civili in Rete, convinto come sono che Internet possa e debba divenire la nuova agorà democratica del Paese che verrà». Si tratta di uno dei massimi esperti italiani in materia di diritto e Internet. Insulti, invito al danneggiamento dell’autovelox e campagna contro la polizia locale. Una “campagna” che si riscontra anche per altri motivi.
Ma c’è un limite a quello che si scrive? «In genere un reato di opinione, come può essere quello di istigare al danneggiamento, non è facile da dimostrare anche perché il confine tra quello che possiamo considerare un’opinione e quello che diventa reato è molto labile. Certo che se una persona invita altri a danneggiare il bene pubblico non vi sono dubbi sul fatto che si tratti di reato. Mentre il discorso è diverso se tra mille imprecazioni dovute alla rabbia, uno dice che spaccherebbe quel bene o sarebbe giusto spaccarlo. Ma ripeto, in questi casi è sempre il giudice che deve valutare le vere intenzioni di chi pronuncia o scrive quelle parole. Comunque è da capire il comandante della polizia locale che deve tutelare il bene pubblico, è suo dovere».
La gran parte dei post, in parte già tolti dagli arrabbiati della rete, erano indirizzati contro la polizia locale e l’Amministrazione guidata da Luigi Brugnaro. Sia vigili che giunta sono accusati di voler fare cassa, piazzando gli autovelox in maniera selvaggia e nascosta, per ingannare gli automobilisti. In questo modo a cadere nella rete degli autovelox sarebbero in tanti. Il ricorso alla giustizia per comportamenti poco ortodossi in rete, in particolare sui social, è in aumento? «Io non ho dati che possono confutare questa tesi, ma ho l’impressione che siano sempre di più le persone che si rivolgono al giudice per delle querelle nate in rete e sui social. Del resto molti facilmente oltrepassano la linea che c’è tra il normale discutere e l’insulto. Questa è l’altra faccia della libertà che ci viene data dalla Rete. Non tutti la sanno gestire».
Si ha l’impressione che spesso si tratti di liti alla stregua di quelle condominiali. Discussioni che finiscono in insulti e minacce varie, ma che possono essere riportate su binari corretti, senza ricorrere al giudice. La facilità di andare in Tribunale non crea problemi alla giustizia? «Nove bagarre su dieci si possono risolvere nel cortile condominiale, perché di liti condominiali si tratta. Non tutte ha senso che finiscano in Tribunale. Infatti solo una su dieci ha un motivo per cui è giusto rivolgersi al giudice. Tutto il resto serve solo a rallentare la giustizia che già di suo è ingolfata. Ma ripeto: è l’altra faccia della libertà».
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