Legge sul fine vita in Aula: il Pd vuole fare in fretta

Il testo in esame alla Camera dei Deputati entro il mese. Secco no da parte di Lega e Area popolare

UDINE. La legge sul fine vita approderà alla Camera entro il mese. Ne è convinto il Pd – la relatrice del testo è la deputata dem Donata Lenzi –, partito che spinge per chiudere la partita entro marzo. Ma lo scontro politico è feroce e il clima all’interno dei democratici non aiuta. Il destino della norma è nelle mani del Governo.

Ma resta da vedere quanta forza avrà l’esecutivo di Paolo Gentiloni nel far passare il biotestamento la legge, spingendosi fine, se necessario, al ricorso alla fiducia.

Il cuore del testo (frutto della mediazione tra 16 proposte) sta nel principio secondo il quale «ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di accettare o rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso.

Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali».

In commissione Affari sociali negli ultimi giorni l’ostruzionismo si è manifestato in oltre 2.400 emendamenti, oggi ridotti a 300, presentati soprattutto da Lega (irriducibile antagonista alla norma) e da Area Popolare, alleato del Governo Gentiloni, che parla di una norma che introduce «l’eutanasia passiva, o suicidio assistito a carico dello Stato che dir si voglia».

Gli ultimi giorni di Eluana

«Il testo è in commissione, dove stiamo cercando di superare l’ostruzionismo, ma sarà in discussione alla Camera entro febbraio – assicura il capogruppo del Pd Ettore Rosato –. Far approvare la norma sul fine vita è un forte impegno del Pd e la proposta è ottima, non ha nulla a che fare con l’eutanasia, ma con il diritto delle persone di autodeterminarsi e con il diritto dei medici di vedersi tutelati nella loro professione. Confidiamo – conclude Rosato – che in Aula ci sia un’ampia disponibilità al confronto e a dare il proprio contributo affinchè la legge venga approvata rapidamente».

Non apre nessuno spiraglio la Lega, che anzi ritiene che il Parlamento non debba legiferare sul fine vita. «È una legge sbagliatissima – sostiene il capogruppo alla Camera e segretario Fvg del Carroccio Massimiliano Fedriga – , scritta male, che delega alla magistratura le scelte di alimentare o no una persona, di idratarla o no. Non stiamo parliamo di accanimento terapeutico, al quale restiamo assolutamente contrari e che per fortuna non avviene più, ma di alimentazione e idratazione.

Ritengo che la decisone di una singola persona quando questa non sia più in grado di scegliere, vada lasciata all’amore familiare e alle cure dei medici. Una persona – aggiunge Fedriga – non può essere uccisa, di questo parliamo, perché non più in grado di mangiare da sola. Io penso che il Parlamento non possa legiferare su fine vita e biotestamento, perché è troppo sottile la separazione tra vita e morte e io non ho certezze. Uso la cautela e la cautela mi suggerisce sempre di tutelare la vita».

Il secco no. Chiude la porta all’approvazione del testo così com’è oggi il deputato Gian Luigi Gigli (Democrazia solidale – Centro democratico). Gigli, friulano, neurologo, componente del Consiglio esecutivo dell’associazione Scienza e Vita, si è battuto fino all’ultimo affinché a Eluana Englaro non venissero sospese alimentazione e idratazione. E quel punto resta per lui cruciale.

Beppino Englaro racconta Eluana

«Il clima della discussione è buono, anche se dal Pd c’è una sostanziale chiusura a recepire modifiche sui punti chiave del testo. Mi riferisco – spiega Gigli – a idratazione e nutrizione assistite che nello schema ideologico dei sostenitori del progetto di legge sono equiparate a terapie, che possono essere sempre rifiutate o sospese. La previsione di estendere la facoltà di decidere la sospensione delle cure e dei sostegni vitali anche al legale rappresentante di soggetti minori o incapaci, rischia inoltre di affidare la vita di persone fragili a giudizi esterni sulla loro presunta mancanza di dignità o, peggio, nelle mani di chi potrebbe desiderare la loro morte per ragioni d’interesse o per sottrarsi al carico dell’assistenza».

Centrale per Gigli è anche il ruolo del medico. «È gravissimo che il testo in discussione preveda la trasformazione del medico da professionista responsabile e coscienzioso a esecutore cieco della volontà del paziente, senza lasciargli nemmeno la possibilità di rifiutarsi di collaborare per affrettare la morte del paziente. È paradossale, inoltre – prosegue Gigli – che, mentre ci si affanna a garantire autonomia di decisione anche rispetto a scelte che potrebbero condurre a morte, non ci si premura di verificare se le scelte contenute nelle Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento) siano davvero libere e consapevoli, cioè effettuate da persona in grado di comprenderne il significato e priva di condizionamenti psicologici, familiari o socio-economici.

Per decidere di rinunciare alle cure basterà infatti un’e-mail o la firma apposta al foglio prestampato di qualunque associazione pro-eutanasia. Non voterò la legge così com’è adesso – conclude Gigli –, ma stiamo lavorando per una modifica sostanziale, anche se il Pd è diviso su ogni questione e sta facendo di tutto per far passare la legge com’è».

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