Le proposte educative: al Franchetti l’idea di un corso di arabo

L’alternanza scuola-lavoro al Pacinotti sarà anche all’estero. Sportelli di aiuto agli studenti

Al di là del numero degli iscritti, continuano a crescere le proposte educative per i giovani. Nei licei del Bruno Franchetti, a grande richiesta di studenti e genitori e con un contributo delle famiglie, gli alunni faranno due ore in più pur di imparare a conversare in inglese (nel biennio si passa da 27 a 29 ore e nel triennio da 30 a 32), con una docente di madrelingua: «Non siamo ancora riusciti a far partire l’arabo per insufficienza di iscritti», spiega il preside Roberto Gaudio, «ma abbiamo avviato l’esperienza di tirocinio da H-Farm e gli studenti sono entusiasti».

Allo scientifico Morin si sta già lavorando per portare di nuovo a scuola alcuni tra i maggiori scienziati, come avvenuto lo scorso ottobre con l’astronauta Umberto Guidoni e lo staff di studiosi che lavorano in Antartide. Al Pacinotti l’alternanza scuola e lavoro non si svolge più solo in Italia, ma anche all’estero, come avviene già all’alberghiero Barbarigo in Francia e in Italia.

Al Benedetto Tommaseo quest’anno saranno avviate due iniziative, una sul metodo e una di aiuto allo studio: «Verranno aperti degli sportelli per gli studenti che vogliono recuperare una lezione o per chi non ha capito qualcosa e ha bisogno di qualche chiarimento», spiega il preside Roberto Sintini, «per il metodo di studio seguiamo gli studi Feuerstein, cerchiamo di coinvolgere gli studenti il più possibile per valorizzare la sfera motivazionale e diamo spazio al peer to peer, l’aiuto dei più grandi ai più piccoli».

Un’altra novità potrebbe essere al liceo artistico Michelangelo Guggenheim che sta verificando se ci sono sufficienti iscritti per avviare la classe sul vetro. Infine, l’immancabile Foscamun al Foscarini che ai primi di marzo trasformerà la scuola nella sede della Nazioni Unite, trasformando gli studenti per qualche giorno in portavoce dei Paesi di tutto il mondo. (v.m.)

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia