Le Ong aprono la strada al film di Andrea Segre

Il regista padovano dal 7 settembre al cinema con "L'ordine delle cose", al Lido festa con Marco Paolini

LIDO DI VENEZIA. Andrea Segre e il Festival di Venezia si incontrano per la sesta volta. Dopo il suo esordio alla Mostra con "Marghera Canale Nord" nel 2003, il regista padovano è diventato un frequentatore abituale del Lido dal 2010 in poi: "Il sangue verde" e, soprattutto, "Io sono Li" (Giornate degli Autori), "La prima neve" (Orizzonti) e "I sogni del lago salatO" (ancora per gli Autori).

"L'ordine delle cose"; è stato selezionato alla 74esima Mostra del Cinemae inserito nel programma come proiezione speciale il 31 agosto. Segre, una collocazione inedita.

«In effetti non ce lo aspettavamo. Abbiamo finito di girare il 15 aprile: era praticamente impossibile che il film fosse pronto per Venezia. Nonostante ciò abbiamo accelerato i tempi fino all'annuncio a sorpresa di Barbera. Considerata l'Estrema attualità dell'argomento trattato nel film, essere al Festival ci è sembrato importante».

Il suo è quasi un istant movie: si parla, attraverso la storia di un poliziotto di una task force, di flussi migratori, di rapporti tra Italia e Libia e di respingimenti.

«Lo definirei più un pre-istant movie: esce adesso nel pieno degli eventi ma abbiamo cominciato a lavorarci circa tre anni fa. Oggi sintetizza un lavoro di ricerca che ci ha permesso di capire ciò che sarebbe successo. Allora siamo stati tacciati di essere degli attivisti rompiscatole ora anche i giornalisti mainstream si sono accorti di un fenomeno sempre più drammatico».

Il regista padovano Andrea Segre
Il regista padovano Andrea Segre

È la sua opera più politica?

«Mi auguro che il film si inserisca in quella grandissima tradizione del cinema politico italiano, inteso come sguardo d';autore sulla Storia. È un film in continuità con le mie opere precedenti, che cerca di raccontare l'attualità attraverso la crisi interiore del protagonista Corrado. Politico ma anche intimo».

Tutto nasce da un conflitto etico dunque?

«Sì. L'invito che rivolgo al pubblico è di venire a conoscere Corrado perché rappresenta tutti noi: è la persona cui abbiamo chiesto di risolvere il problema degli sbarchi. Non è un film in cui ho semplicemente confermato il mio punto di vista, io stesso ho avvertito delle tensioni. Dobbiamo avere il coraggio di interrogare noi stessi, smetterla di occuparci di "loro" come poveretti in difficoltà o pericolosi invasori. Per una volta occupiamoci di noi: come stiamo di fronte alla emergenza sbarchi?»

Avete organizzato eventi e coinvolto molte Ong.

«Lo abbiamo fatto vedere alle organizzazioni che in questi anni hanno avuto il coraggio di raccontare quello che stava succedendo nel Mediterraneo: hanno amato il film e lo accompagneranno nel suo percorso in sala a partire dal 7 settembre. Il giorno della proiezione al Lido, invece, abbiamo organizzato una serata aperta, senza invito, durante la quale gli attori, i musicisti del film e Marco Paolini saranno impegnati in letture e performance».

Qualche rimpianto sulla sostanziale assenza della Regione Veneto nel sostegno al film?

«Per nostra fortuna la nostra squadra è bravissima a trovare supporto finanziario altrove. È triste constatare che una regione ricca come il Veneto non abbia una film commission che funzioni. Ancora più frustrante ricevere all'ultimo dei finanziamenti quando il film viene selezionato a Venezia sulla base di un fondo regionale di cui non si conosce il funzionamento. Invito ufficialmente Zaia a vedere il film visto che lo ha finanziato e che è contento che la Regione sia presente alla Biennale con un'opera veneta. Potrebbe essere l'occasione per un confronto sul tema dei migranti».

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