Le fotografie dei ragazzi di Nairobi

Arriva in Italia il progetto della Onlus AfrikaSì: giovanissimi strappati alla strada e alla droga offrendo loro un’alternativa di vita attraverso un talento e un’arte

Se avessero solo schiacciato un pulsante avrebbero sorriso per l'ennesima volta di fronte all'ennesimo obiettivo concesso per pochi minuti dal solito bianco di passaggio. Ai ragazzi della baraccopoli “Deep Sea” di Nairobi (Kenya), l'associazione onlus AfrikaSì ha messo in mano una macchina fotografica e li ha fatti studiare. Ha insegnato loro il mestiere del fotografo partendo da una consapevolezza che, in mezzo a fango, droga e malattie è tutt'altro che banale: ci sono tante vite, tanti futuri. Quello che vedo attorno a me è uno fra milioni: si può cambiare e si può scegliere.

Il risultato della missione di “AfrikaSì”, iniziata dieci anni fa, si potrà testimoniare venerdì 11 maggio alle 18.30, al Centro stampa “Al Canal”. Una delegazione di studenti kenioti inaugura la mostra “Life in the slum. Through our eyes”, un allestimento di trenta immagini scattate da loro nello slum in cui vivono: il “Deep Sea” di Nairobi, uno dei 200 agglomerati di baracche presenti nella capitale del Kenya. I ragazzi vengono a Venezia per raccontare la storia che porta le loro foto in Italia, prima di arrivare in Turchia e negli Stati Uniti.

Tutto inizia con AfrikaSì, il fotografo Adriano Castroni e un laboratorio chiamato “Zinduka-Lab”. “Zinduka”, in lingua swahili, significa “evoluzione”. Nel laboratorio, in mezzo alle baracche di “Deep Sea”, gli adolescenti, seguiti da Adriano, fanno corsi di fotografia, grafica, sviluppo fotografico.

«Siamo arrivati qui dieci anni fa e mancava tutto: acqua, servizi igienici, corrente. Molti ragazzi si drogavano, le ragazze si prostituivano – racconta Castroni – Quando i più piccoli mi vedevano scattare foto mi saltavano addosso, mi chiedevano di provare: da lì l'idea di coinvolgerli, farli diventare fotografi del loro mondo. Con AfrikaSì abbiamo messo su una scuola, portato l'acqua e creato il laboratorio Zinduka».«Il nostro obiettivo, adesso, è farli camminare con le loro gambe – aggiunge – Diamo loro i mezzi per trovare un lavoro onesto, autogestirsi e insegnare a loro volta».

George Njoroge era poco più di un bambino quando ha iniziato a fare foto a “Deep Sea”. Ora lavora a tempo indeterminato in un parco naturale, vicino a Mombasa, assieme all'amica Rose Awino, giornalista assunta nella stessa struttura.: «Ho scattato le mie prime foto a 14 anni, con la macchina di una turista americana – racconta George – Adriano mi ha fatto diventare un fotografo, mi ha aperto gli occhi. Se non avessi avuto questa opportunità, sarei uno dei tanti ragazzi dello slum dipendenti dalla droga o costretti a rubare per vivere. Se nessuno ti coltiva, disperdi il tuo talento. Io sono stato fortunato: mi sento salvo».

George e Rose saranno a Venezia assieme a una decina di ragazzi di Deep Sea. L’introduzione della mostra è a cura di Kuki Gallmann, fondatrice del “Gallmann Memorial Foundation”. Si visita fino al 31 luglio 2012.

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