Le "fake news"? Nascono a inizio '900, molto prima di internet

 Lo afferma un un gruppo di ricercatori, tra cui Lorenzo Calvelli di Ca' Foscari. A Venezia, dal 10 al 13 ottobre, si terranno due convegni sulla contraffazione delle iscrizioni antiche
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VENEZIA. La diffusione di informazioni false non inizia con il web: anche iscrizioni antiche, o apparentemente tali, possono ingannare. Una recente scoperta di due studiosi italiani ha dimostrato che due reperti simili conservati in Italia e a Baltimora e ritenuti iscrizioni paleocristiane in realtà sono stati acquistati sul mercato antiquario romano ai primi del Novecento, opera di un falsario moderno e parte di una stessa serie.

«Questa importante scoperta - commenta Lorenzo Calvelli, ricercatore di Epigrafia latina all'Università Cà Foscari Venezia e tra i principali studiosi del problema delle false iscrizioni nella storia - porterà auspicabilmente al riconoscimento di altri manufatti prodotti dalla stessa mano e disseminati in altre collezioni e musei d'Europa e del mondo».

Per smascherare le fake news del passato sono infatti al lavoro da anni esperti di storia antica che, analizzando reperti posseduti dai antiquari, musei e collezioni private, riescono a verificare l'autenticità delle fonti. Il problema della falsificazione storica e lo studio dei manoscritti, con particolare riferimento a quelli che tramandano il testo di iscrizioni antiche, genuine o inventate in tempi più recenti, ma 'spacciatè per autentiche saranno al centro di due convegni a Venezia dal 10 al 13 ottobre, tra cui il più importante convegno europeo di epigrafia romana, organizzato dall'Università Cà Foscari Venezia.

Oltre 50 specialisti provenienti da Italia e Francia si riuniranno per confrontare le proprie ricerche. Si parlerà anche dei casi di falsi storici che spaziano da Arezzo a Baltimora sulle tracce del falsario Sententiosus. Nella Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo è infatti conservata una misteriosa iscrizione latina, incisa su una piccola lastrina di marmo e finora completamente sfuggita agli occhi degli esperti.

Le uniche informazioni note riguardano la provenienza del reperto: esso era un tempo conservato nella collezione privata della famiglia dei conti Vitali, anticamente esposta nella loro villa a Fermo nelle Marche e oggi dispersa. La lastrina riporta una citazione di un salmo biblico «Erudimini qui iudicatis terram», cioè «Imparate, voi che giudicate la terra».

Lo studio del reperto, condotto da Andrea Raggi (Università di Pisa) e Carlo Slavich (Sapienza Università di Roma), getta nuova luce anche su un altro singolare manufatto iscritto, conservato presso il Johns Hopkins Archaeological Museum di Baltimora. Fino a oggi quest'ultima iscrizione era stata universalmente accolta come genuina dalla critica e classificata come iscrizione sepolcrale cristiana. Una coincidenza consente di dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che i due reperti iscritti, entrambi acquistati sul mercato antiquario romano ai primi del Novecento, sono opera di un falsario moderno e parte di una stessa serie. Per il carattere edificante delle iscrizioni, il loro autore è stato definito dai due studiosi Sententiosus, cioè produttore di sentenze.

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