Le chiese di Venezia chiudono con i loro tesori

L'allarme di Carlo Alberto Tesserin, procuratore della Basilica di San Marco: «Mancano parroci e risorse economiche. E le opere restano nascoste»
La chiesa di San Stae oggi utilizzata soprattutto per mostre ed eventi della Biennale
La chiesa di San Stae oggi utilizzata soprattutto per mostre ed eventi della Biennale
VENEZIA. Allarme per le chiese veneziane a rischio di chiusura e per il patrimonio di capolavori che contengono al proprio interno. A lanciarlo è il primo procuratore della Basilica di San Marco Carlo Alberto Tesserin, che ha la responsabilità diretta della sola chiesa marciana, ma che parla spesso anche con il Patriarca Francesco Moraglia della situazione generale delle chiese veneziane, sempre più in difficoltà per la mancanza di risorse per la loro manutenzione - dopo il venir meno delle risorse della Legge speciale anche per il patrimonio ecclesiastico - ma anche per la diminuzione del numero dei parroci e il loro invecchiamento, conseguenza anche della crisi delle vocazioni. Il timore è che il futuro possa riservare una progressiva e imposta chiusure di nuove chiese veneziane - come è già avvenuto per una parte di esse - mettendo a rischio anche la conservazione delle opere d’arte che si trovano al loro interno.
Procuratore Tesserin, la situazione del mantenimento delle chiese veneziane è veramente così grave? Sono sorte anche iniziative, come il circuito di Chorus, con le chiese che applicano il prezzo del biglietto per le visite turistiche che sembrava una risposta al problema dei costi di manutenzione e delle aperture. 
«Anche Chorus è attualmente in difficoltà, perché il costo del biglietto non basta a garantire guardianìa e manutenzione delle chiese. Diventa poi difficile stabilire quando chi entra lo fa per funzioni di culto - che devono essere garantite - o per turismo. Ma va detto che sia il Papa, sia il Patriarca, hanno più volte ribadito la necessità del libero accesso alle chiese e va trovata dunque una soluzione condivisa. Io sono ottimista per natura, ma il problema è serio e da cattolico oltre che da procuratore di San Marco, me lo pongo».
 Quali rischi intravede? «Non solo quello della chiusura di molte chiese - per il venir meno dei parroci in grado di occuparsene - sottraendo così alla vista di veneziani e turisti la ricchezza di capolavori d’arte e di architettura che conservano al loro interno. Ma anche un problema oggettivo di sicurezza, perché le chiese non sono casseforti e limitarsi a chiudere il portone non le pone certo al sicuro da furti e razzìe, specie se conservano opere importanti al loro interno».
 È anche un problema di risorse? «Certamente, perché sono venuti meno i fondi della Legge speciale destinati anche al Patriarcato, ma anche ad esempio in buona parte quelli della Regione, che in passato garantivano risorse importanti. Aggiungo che le chiese - compresa quindi la Basilica di San Marco - non possono usufruire dell’Art Bonus istituto dal ministero dei Beni culturali che prevede detrazioni fino al 65% delle somme che i privati investono sul patrimonio culturale. I Beni ecclesiastici sono ad oggi esclusi dal beneficio, pur essendo sul suolo italiano e conservando un patrimonio di beni culturali straordinario che è a disposizione di tutti. Una contraddizione che stiamo cercando di sanare con un’azione forte proprio sui Beni culturali».
 Quali allora le soluzioni? «Non è compito mio indicarle, ma non c’è dubbio che vadano trovasti nuovi canali di risorse per il sistema chiese. Anche il contributo dei Comitati privati internazionali per la salvaguardia di Venezia, pur importantissimo, si è molto ridotto negli ultimi anni. Sarebbe bello, idealmente, che ogni Comitato “adottasse” una chiesa veneziana, contribuendo al suo mantenimento, con le opere che conserva al suo interno, ma mi rendo conto che non è facile. Ma anche il problema del mantenimento delle chiese veneziane si inquadra in quello generale della salvaguardia di Venezia e del suo patrimonio che deve essere un problema anche nazionale, con il sostegno dello Stato».
 È quello che avete chiesto, sembra con successo, anche per la salvaguardia del nartece - l’ingresso con il pavimento in mosaici - della Basilica di San Marco, che va regolarmente sott’acqua a quota 65 centimetri di marea, rendendo così inutile da questo punto di vista anche l’entrata in funzione del Mose.
«È così, ed è stato molto proficuo, da questo punto di vista, l’incontro che ho già avuto con il nuovo presidente del Provveditorato alle opere pubbliche Roberto Linetti, perché realizzi con fondi statali il nostro progetto di impermeabilizzazione. Noi ci accolleremo il costo del progetto esecutivo, messo a punto oltre che dal proto della Basilica di San Marco, l’architetto Mario Piana dall’ingegner Paolo Campostrini e i test già eseguiti dimostrano che è realizzabile. Consiste nell’isolare con delle valvole i canali di uscita e gli scoli dell'acqua piovana che in caso di marea sostenuta portano all’interno l’acqua dai tombini. In questo modo si recupererebbero almeno 20 centimetri, in attesa degli interventi di isolamento sulla superficie della Piazza».
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