Lazzarini, fu fatto il Dna alla madre

L’esame sul patrimonio genetico era stato effettuato a vari parenti della donna che ha confessato due anni dopo
Di Carlo Mion

Una domanda che più inquieta nella vicenda dell’omicidio Pamio è che nessuno, nonostante non ci fossero tracce di Dna di Monica Busetto, ha cercato di dare un nome al Dna che, mischiato al sangue della vittima, era stato trovato nella casa del delitto. Quando arriva l’analisi della Polizia scientifica di Roma sul Dna rinvenuto sulla collanina sequestrata alla Busetto, gli inquirenti sono convinti di aver la prova che incastra la colpevole. Eppure erano arrivati vicini a Susanna Lazzarini, la donna che si è accusata del delitto e a cui appartiene il Dna rinvenuto sul luogo del delitto. Infatti avevano fatto il Dna alla madre.

Infatti tornando indietro si scopre che la polizia coordinata dal sostituto Procuratore Federico Bressan, quando inizia a indagare su chi frequentava casa Pamio prende di mira anche un gruppo di amiche dell’anziana. Si tratta di amiche che si ritrovano nell’abitazione della vittima per giocare a tombola o a carte. Ebbene tra queste c’erano Francesca Vianello, poi uccisa da Susanna, la madre di quest’ultima e le zie della stessa assassina.

La polizia cerca e trova tracce delle donne amiche della vittima. Naturalmente raccolgono anche elementi da cui si può ottenere un Dna. Eseguono l’esame a tutte. Ma tecnicamente possono confrontare quello misto, trovato sull’interruttore, solo con quello giusto dell’assassino. Praticamente è un terno al lotto. Arriva la prova regina e quindi si è lasciato perdere.

Anche ieri il procuratore aggiunto Carlo Nordio ha sostenuto che per la Procura le due donne si conoscono e che gli inquirenti avrebbero pure degli elementi per poterlo dire. Di certo ora vanno più che cauti. Infatti troppe cose non hanno quadrato nell’inchiesta che ha portato alla condanna a 24 anni e sei mesi di Monica Busetto.

L’abitazione di Susanna in questa ultima settimana è stata scandagliata in maniera diversa rispetto a dicembre quando è stata arrestata per l’assassinio di Francesca Vianello. In particolare gli investigatori vogliono capire i rapporti che la donna aveva con la propria famiglia, ma pure con strani personaggi che gravitavano attorno a lei. Va ricordato, infatti, che in udienza il medico legale Antonello Cirnelli, era stato l’unico a dire che non escludeva, dopo l’autopsia, che Monica non avesse agito da sola. Cosa che lei continua a ribadire anche se fin dall’inizio nessuno credeva ad un omicidio d’impeto. Del resto è difficile pensarlo quando prima cerca di strangolarla con un filo di un decoder, poi le infila delle carta in bocca, quindi la colpisce con un corpo contundente in testa e infine l’accoltella. Sembra più un omicidio premededitato che d’impeto in quanto non aveva motivo visto che in quel momento la signora Lida si stava recando in cucinino per farle un caffè e le aveva voltato le spalle. Un fatto che emerge dalla storia collega il palazzo di via Rampa Cavalcavia 19, dove abitava prima di finire in carcere Susanna, ai due omicidi. Infatti il 26 dicembre 1985 un tossicodipendente per rapina uccide una signora di 86 anni. L’uomo, ora morto, venne condannato a 19 anni, mentre un complice a tre anni per favoreggiamento.

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